Franz (Harry Baer) esce dal carcere e taglia i ponti col passato, portando nuova aria nella sua vita sentimentale: dopo aver lasciato Joanna (Hanna Schygulla), si mette insieme a Margarethe (Margarethe Von Trotta), con la quale trova più di un'affinità.
Di fatto sequel del primo film del regista (L'amore è più freddo della morte del 1969), del quale vengono portati avanti personaggi e situazioni, Dei della peste ha tono e immagini più foschi, immersi in una notte che è non solo ideale e metaforica, ma anche materiale e tangibile, andando così a rimpiazzare il pallore dell'opera prima con un ribaltamento di campo non da poco. Una scelta che, però, testimonia contemporaneamente una piccola involuzione, evidenziata dal fatto che in questo caso c'è meno spessore, e la messa in scena, seppur elegante, è più orientata verso il compiacimento del pubblico. Sono le prime, chiare, avvisaglie di quella tendenza a lavorare su teoremi troppo meccanici che è un po' il difetto ricorrente di buona parte della produzione del primissimo Fassbinder, ma, per fortuna, il talento di un regista già unico nel suo genere è visibile sempre e comunque. Cameo di quest'ultimo nei panni dell'avventore di un sexy shop.