Diario di una donna perduta
Tagebuch einer Verlorenen
1929
Paese
Germania
Genere
Drammatico
Durata
110 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Georg Wilhelm Pabst
Attori
Louise Brooks
Fritz Rasp
Joseph Rovensky
André Roanne
Valeska Gert
Andrews Engelmann
Franziska Kinz
Arnold Korff
Thymiane (Louise Brooks), sedotta da un amico del padre, viene rinchiusa in una casa di correzione. Riesce a fuggire dal riformatorio e finirà persino in un bordello prima di potersi rifare una vita. Dopo aver sposato un conte (Arnold Korff) torna nella stessa casa di correzione nei panni di una dama di carità.
Ispirato all'omonimo romanzo di Margarete Böhme, Diario di una donna perduta è un film che riprende molte delle tematiche che Georg Wilhelm Pabst aveva sviluppato nel (di poco) precedente Lulù – Il vaso di Pandora (1929), riuscendo a ripeterne anche gli splendidi risultati. Innanzitutto, il regista si affida nuovamente a Louise Brooks e al suo celebre e celebrato caschetto nero: l'attrice dipinge con straordinaria credibilità il ritratto di una ragazza che riesce a rialzarsi quando tutto nella sua esistenza sembrava ormai definitivamente perso. Sfruttando al meglio lo spessore psicologico del personaggio di Thymiane, Pabst affina i coltelli come mai prima, costruendo una spietata critica sociale, stratificata e densa di riflessioni importanti: il suo attacco è rivolto ai “valori familiari”, al buoncostume e a una borghesia ipocrita per la quale l'andare controcorrente (se di questo si può parlare) non può essere tollerato in alcun modo. Il regista unisce tutti gli elementi che hanno caratterizzato tutta la sua filmografia precedente, e raggiunge la summa della sua poetica in questo melodramma feroce e mai disposto a scendere a compromessi. La costruzione delle inquadrature è eccelsa, così come il ritmo, e alcuni passaggi riescono ad angosciare ancora oggi: in primis le sequenze nel riformatorio, dove i due aguzzini (maschere perfette degli orrori che si nascondono dietro a un'istituzione “perbene”) maltrattano le povere derelitte a proprio piacimento. Impeccabile (in questo caso) anche il lieto fine, nonostante nelle intenzioni iniziali la conclusione era completamente diversa, con la protagonista che sarebbe dovuta diventare la maîtresse del bordello. Venne pesantemente censurato, ma la sua portata non è venuta meno nonostante i tagli della morale dell'epoca.
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