Il diritto di uccidere
Eye in the Sky
2015
Paese
Gran Bretagna
Generi
Thriller, Guerra
Durata
102 min.
Formato
Colore
Regista
Gavin Hood
Attori
Helen Mirren
Alan Rickman
Aaron Paul
Barkhad Abdi
Iain Glen
Gavin Hood
Il colonnello Katherine Powell (Helen Mirren) è al comando di un’unità militare che cerca di rintracciare un gruppo di terroristi a Nairobi grazie al supporto dei droni. Quando scopre che i terroristi stanno preparando una missione suicida, decide di intervenire ma tutto si blocca nel momento in cui una bambina si trova per caso sul terreno che sta per essere bombardato. Capire qual è la scelta migliore da fare sarà tutt’altro che semplice.
Diretto dal sudafricano Gavin Hood (Il suo nome è Tsotsi, X-Men: le origini – Wolverine), Il diritto di uccidere è un film dove la guerra non si combatte (solo) sul campo ma (principalmente) su comode poltrone dove vanno prese decisioni complesse. Si riflette sulla (im)moralità di certe azioni militari, sulla burocrazia, sul labile confine tra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, ma lo spunto più interessante è insito nel punto di vista del drone, un “occhio nel cielo” (come suggerisce il titolo originale) che permette agli ufficiali di poter giocare a fare Dio, decidendo della vita (e della morte) di chi passa sotto il suo sguardo. Non mancano i momenti di tensione e il coinvolgimento è più che discreto, ma sono davvero troppe le scorciatoie narrative e le banalità di scrittura (semplice capire già dopo pochi minuti che la bambina con l’hula hoop sarà una possibile vittima della vicenda). La retorica d’accatto si fa troppo palpabile con l’approssimarsi della conclusione, mentre nella prima parte la messinscena di Hood era stata saggiamente sotto le righe. Da segnalare che Il diritto di uccidere rappresenta l’ultima prova sul grande schermo per Alan Rickman, scomparso pochi mesi dopo la presentazione del film al Festival di Toronto 2015.
Diretto dal sudafricano Gavin Hood (Il suo nome è Tsotsi, X-Men: le origini – Wolverine), Il diritto di uccidere è un film dove la guerra non si combatte (solo) sul campo ma (principalmente) su comode poltrone dove vanno prese decisioni complesse. Si riflette sulla (im)moralità di certe azioni militari, sulla burocrazia, sul labile confine tra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, ma lo spunto più interessante è insito nel punto di vista del drone, un “occhio nel cielo” (come suggerisce il titolo originale) che permette agli ufficiali di poter giocare a fare Dio, decidendo della vita (e della morte) di chi passa sotto il suo sguardo. Non mancano i momenti di tensione e il coinvolgimento è più che discreto, ma sono davvero troppe le scorciatoie narrative e le banalità di scrittura (semplice capire già dopo pochi minuti che la bambina con l’hula hoop sarà una possibile vittima della vicenda). La retorica d’accatto si fa troppo palpabile con l’approssimarsi della conclusione, mentre nella prima parte la messinscena di Hood era stata saggiamente sotto le righe. Da segnalare che Il diritto di uccidere rappresenta l’ultima prova sul grande schermo per Alan Rickman, scomparso pochi mesi dopo la presentazione del film al Festival di Toronto 2015.
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