Distretto di Tiexi, a Shenyang, Cina. Tra la fine del ventesimo e l'inizio del ventunesimo secolo, viene documentato l'inesorabile declino di una gigantesca area industriale. Due anni di riprese a cui ne sono seguiti altrettanti di montaggio. L'opera prima di Wang Bing è un documentario impegnato, malinconico e nostalgico nei confronti di un (piccolo?) mondo che sta finendo di esistere con l'approssimarsi del nuovo millennio. Diviso in tre parti (Fabbriche, Via dell'arcobaleno e Rotaie) è stato ridotto a circa nove ore di durata complessiva a seguito di un girato di trecento (!). Il regista cinese documenta senza mai alzare la voce, segue i suoi personaggi pedinandoli nelle loro azioni quotidiane: mostra un universo a cui il progresso è stato negato, dove gli uomini sono costretti a utilizzare candele per farsi luce e i macchinisti percorrono tragitti ferroviari che, sostanzialmente, non hanno più alcuna ragione di esistere. Quello che viene ripreso è uno spazio spettrale, fin fantasmatico, in cui si alza anche un grido di denuncia contro il governo e le autorità che hanno abbandonato gli abitanti rendendoli dei fantasmi a loro volta. Mai retorico, ma bensì rigoroso fino in fondo, Wang non ha bisogno di trucchetti ricattatori per emozionare sinceramente e coinvolgere dal primo all'ultimo minuto. Certo, è richiesta una buona dose di pazienza, ma ne vale davvero la pena.