Nel 1997, un terremoto colpisce Cacchiano, piccola meta umbra famosa per un affresco del Beato Angelico e per un salumificio. Oltre alla paura delle scosse, bisogna adattarsi a una vita diversa e irrimediabilmente devastata, visto che le case adesso sono inagibili.

Francesca Archibugi mette al centro della sua pellicola il sisma che ha colpito l'Umbria alla fine degli anni novanta, le cui conseguenze furono ovviamente nefaste per tutta la popolazione. Lo sguardo della regista si concentra sulla famiglia del vicesindaco e su sua moglie, oltre che su un ristretto numero di persone che gravitano loro intorno. Si parte dalla catastrofe, cuore nevralgico da cui il film prende il là e si dipana, per poi focalizzarsi sulla messa a fuoco di un microcosmo di persone alle prese con le loro fragilità e con un mondo che è letteralmente crollato loro addosso. Il film della Archibugi risulta però eccessivamente esile, malfermo e frettoloso, non approfondisce a dovere le psicologie e procede con una semplicità che nella maggior parte dei casi coincide con un semplicismo di bassa lega. Alla regista, insomma, non bastano affatto le buone intenzioni, che comunque, nonostante non siano del tutto risolte, appaiono cristalline e ammirevoli, guidate da un realismo costantemente a caccia di emozioni forti.
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