1912. L'anziano pittore Ladmiral (Louis Ducreux) si è ritirato in campagna dove vive nella sua villetta con la sola compagnia della governante (Monique Chaumette). Una domenica l'uomo viene visitato da suo figlio Gonzague (Michel Aumont), la nuora (Geneviève Mnich) e i loro tre bambini. La tranquillità della giornata sarà messa a repentaglio da Irene (Sabine Azéma), figlia minore del pittore, ragazza all'apparenza solare ma con un numerosi problemi che non tarderanno a rivelarsi. Adattando il romanzo di Pierre Bost, M. Ladmiral va bientôt mourir, Tavernier descrive con essenzialità e lirismo un momento di distacco dai problemi della quotidianità che comunque permangono in modo latente e si manifestano gradualmente. È un quadro bucolico che fa emergere attimi di tenerezza, di condivisione e di riscoperta affettiva su cui incombe comunque il peso della realtà di tutti i giorni destinata a rivelare l'aleatorietà di queste circostanze. Ma la ritrovata unità familiare è anche occasione per far riemergere conflittualità insolute, incomunicabilità e una difficoltà a lasciarsi andare ad emozioni troppo spesso silenziate e inespresse. La regia di Tavernier (premiata a Cannes), fluida e al contempo rigorosa, illustra con naturalezza e sobrietà un'umanità sospesa tra una vitalità troppo a lungo contenuta e un profondo senso di inadeguatezza, raccontata con una tenerezza e una partecipazione capaci di emozionare anche mettendo in evidenza le varie sfumature psicologiche e le contraddittorietà di ciascun personaggio. Il protagonista Louis Ducreux torna a recitare dopo quasi trent'anni di inattività, ma a rubare la scena è la deliziosa Sabine Azéma, la cui Irene eccentrica e vulnerabile è a dir poco memorabile. La sceneggiatura è firmata dal regista e dalla moglie Colo.