Il giovane Jon Martello (Joseph Gordon-Levitt), bello e conteso dalle ragazze, non rinuncia alle gioie della pornografia telematica, per cui nutre una ossessiva dipendenza. Quando inizia una relazione con la sognatrice Barbara (Scarlett Johansson), sarà costretto a rivedere il proprio approccio alla vita.
Più che raccontare l'amore ai tempi di YouPorn, Gordon-Levitt fa riflettere sull'incomunicabilità all'interno di una realtà che oggettivizza i rapporti umani e li riduce alla stregua di beni di consumo. Tutti nel mondo di Jon sembrano impersonare un ruolo fisso: dal padre (un esilarante Tony Danza), stereotipo dell'italoamericano machista, alla sorella incollata perennemente al cellulare, fino al prete che, protetto dall'anonimato spersonalizzante del confessionale, ascolta ogni settimana i peccati del giovane, assolvendoli con una formula standardizzata. Ironia, parodia, ma anche tanta amarezza di fondo per un debutto imperfetto che beneficia di un cast molto funzionante (oltre ai protagonisti, Julianne Moore, nel ruolo di una dolente e saggia fricchettona, chiave di volta della vicenda). Don Jon è però caratterizzato da continui cambi di registro che disorientano lo spettatore: dopo una prima parte capace di contestualizzare il contrasto di cui è vittima il protagonista (l'appartamento curato, l'auto aggressiva e la messa domenicale con annesso pranzo in famiglia), la narrazione si ingolfa adagiandosi su uno sguardo eccessivamente consolatorio che sembra tradire lo spirito dell'intera opera.