1919. L'eccentrico e scalcinato circo itinerante gestito da Max Medici (Danny DeVito) è sconvolto dalla nascita di Dumbo, un elefantino dalle grandi orecchie che si scopre in grado di volare. Separato dalla madre, il piccolo animale diventa l'attrazione principale dello spettacolo, tanto da suscitare l'interesse di Vandevere (Michael Keaton), ricchissimo imprenditore compagno della trapezista Colette (Eva Green), il quale lo accoglie nel suo caleidoscopico parco di divertimenti, Dreamland...
A tre anni da Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali (2016), Tim Burton si confronta con uno dei film di animazione più riusciti e amati di sempre, nel tentativo di aggiornare una storia immortale adatta a un pubblico di adulti e ragazzi di ogni età. Il risultato è una trasposizione live action in cui lo straordinario soggetto di partenza, che costituisce uno dei risultati più alti raggiunti dai classici Disney, viene arricchito di nuovi personaggi e inedite situazioni che amplificano le tematiche del distacco materno, dell'integrazione e della diversità. Il risultato è un prodotto per famiglie di buona tenuta complessiva, in cui alcuni elementi tipicamente burtoniani, legati soprattutto al trauma dei due figli del reduce di guerra Holt (Colin Farrell), faticano però a integrarsi con il disegno d'insieme. La contrapposizione tra ragione scientifica e sospensione fantastica, elemento di novità assente nel capolavoro del 1941, risulta spesso schematica e il senso di magia fatica a trovare una sua dimensione immaginifica. Ma, con il passare dei minuti, dopo una prima parte modesta, che replica al ribasso lo splendore della pellicola originale, la poetica burtoniana inizia a delinearsi al meglio e anche il coinvolgimento emotivo raggiunge il livello sperato. Quando il film intraprende un suo cammino autonomo, slegandosi dall'insuperabile modello animato, il progetto acquisisce senso e (finalmente) si viene a creare un'atmosfera ricca di elementi di fascino, grazie anche all'eccellente lavoro di computer grafica e di ricerca negli scenari digitali. Assolutamente vincente la caratterizzazione di Dreamland, effimera isola felice dall'apparente fastosità, sinistra fusione tra un luna park e Gotham City, i cui bagliori accecanti lasciano trasparire, in filigrana, lati oscuri dell'animo umano e meschinità di ogni tipo. In definitiva, comunque, un’operazione riuscita solo in parte, che gioca sul sicuro e procede a ritmo fin troppo spedito, bruciando le tappe della narrazione senza mai riuscire a emozionare in maniera davvero significativa. I grandi nomi del cast, calati in personaggi rigidi e caricaturali, sono solo un elemento glamour di richiamo per il grande pubblico. Fotografia di Ben Davis, colonna sonora di Danny Elfman, costumi di Colleen Atwood.