The Elephant Man
The Elephant Man
1980
Paesi
Usa, Gran Bretagna
Generi
Drammatico, Biografico, Sentimentale
Durata
124 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
David Lynch
Attori
Anthony Hopkins
John Hurt
Anne Bancroft
Wendy Hiller
Freddie Jones
Nella Londra Vittoriana il Dottor Treves (Anthony Hopkins) scopre una sfortunata creatura deforme esibita in uno squallido sgabuzzino come L'Uomo Elefante (John Hurt) e lo fa ricoverare nell'ospedale dove lavora. Scoprirà che John Merrick non è sordo né ritardato come si sospettava, ma anzi dotato di fine intelletto e profonda sensibilità.
Dalla vera e struggente vicenda di Jonathan Merrick, narrata dal professor Treves nei suoi appunti, David Lynch trae la sua seconda opera e, probabilmente, la più umana, fiabesca e pura della sua intera filmografia. La storia incredibile di Merrick è quella di un autentico mostro, marchiato da un destino perverso, che vuole solo essere accettato entro i confini di una società che, a ben vedere, è assai più mostruosa di lui. Che lo vedano come zimbello, come caso clinico o come divertissement per acquietare i sensi di colpa di una borghesia annoiata, Merrick non è che un fenomeno di costume, la cui natura umana viene continuamente negata e calpestata da tutti, tranne che da altri freaks come lui. Impossibile non emozionarsi davanti al dramma di John e alle sue meravigliose, quotidiane, scoperte: l'arte, il teatro, il bacio di una bella dama. Ma non sono lacrime retoriche, che sarebbe facile ottenere da una vicenda tanto straziante, bensì il pianto più intimo e arcaico: quello dell'uomo per il proprio destino insensato, disperato di fronte al silenzio divino. Straordinario il lavoro di John Hurt che, sotto chili di trucco deformante, riesce a trasmettere un calore e un'autenticità sorprendenti e ottima la prova di Antony Hopkins, mentore affettuoso e uomo scisso tra la sua anima scientifica e quella paternalistica. Splendida fotografia in bianco e nero di Freddie Francis. Otto nomination agli Oscar e, scandalosamente, nessuna statuetta vinta.
Dalla vera e struggente vicenda di Jonathan Merrick, narrata dal professor Treves nei suoi appunti, David Lynch trae la sua seconda opera e, probabilmente, la più umana, fiabesca e pura della sua intera filmografia. La storia incredibile di Merrick è quella di un autentico mostro, marchiato da un destino perverso, che vuole solo essere accettato entro i confini di una società che, a ben vedere, è assai più mostruosa di lui. Che lo vedano come zimbello, come caso clinico o come divertissement per acquietare i sensi di colpa di una borghesia annoiata, Merrick non è che un fenomeno di costume, la cui natura umana viene continuamente negata e calpestata da tutti, tranne che da altri freaks come lui. Impossibile non emozionarsi davanti al dramma di John e alle sue meravigliose, quotidiane, scoperte: l'arte, il teatro, il bacio di una bella dama. Ma non sono lacrime retoriche, che sarebbe facile ottenere da una vicenda tanto straziante, bensì il pianto più intimo e arcaico: quello dell'uomo per il proprio destino insensato, disperato di fronte al silenzio divino. Straordinario il lavoro di John Hurt che, sotto chili di trucco deformante, riesce a trasmettere un calore e un'autenticità sorprendenti e ottima la prova di Antony Hopkins, mentore affettuoso e uomo scisso tra la sua anima scientifica e quella paternalistica. Splendida fotografia in bianco e nero di Freddie Francis. Otto nomination agli Oscar e, scandalosamente, nessuna statuetta vinta.
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