Berlino, 1936: il falsario ebreo Salomon Sorowitsch (Karl Markovics) riesca a scampare per anni dai nazisti ma nel 1944 viene arrestato e spedito nel campo di concentramento di Mauthausen. Confinato nel dipartimento detto “la gabbia d'oro”, Sorowitsch è ingaggiato dalle SS come elemento di spicco di un'operazione segreta che ha come scopo quello di falsificare valuta e titoli di stato esteri, in modo da inflazionare e distruggere l'economia britannica e statunitense.
A partire dal dramma dell'Olocausto, il regista Stefan Ruzowitzky si interroga sul livello di abiezione che la natura umana può raggiungere in situazioni di pericolo e su quali siano i limiti che si possono valicare in nome del proprio tornaconto personale e della propria salvezza in barba alla collettività e a dilemmi etici o morali. Un tema non certo nuovo, declinato in maniera quasi mai originale con qualche schematismo di troppo e una risoluzione che appare telefonata e decisamente poco coraggiosa. Ma la confezione è professionale e impeccabile, la messa in scena ha delle idee interessanti seppur sporadiche e la prova del cast (capitanato da Karl Markovics) è davvero da applausi. Rimane l'impressione di un prodotto dal potenziale inespresso che avrebbe potuto decisamente osare di più e rimane sospeso nel limbo della medietà senza infamia e senza lode. Ispirato alla storia vera dell'Operazione Bernhard e al romanzo autobiografico di Adolf Burger, Des Teufels Werkstatt: la sceneggiatura è firmata dal regista. Sorprendente premio Oscar 2008 come miglior film straniero: troppa grazia.