Pauline, che tutti però chiamano Poppy (Sally Hawkins) è una giovane maestra di una scuola elementare, simpatica e vitale, che affronta la vita col sorriso sulle labbra destreggiandosi tra mille situazioni. Un'imbranata cronica, ma sempre col buonumore addosso.

Il regista britannico Mike Leigh ama da sempre alternare ai film più impegnati e rattristati della sua carriera, pieni di ombre e di dinamiche sociali tragiche, delle aperture più solari, sbilanciate palesemente verso la commedia. Sono film, come Dolce è la vita (1990), in cui lo sguardo sociale del regista e la sua profondità analitica non viene certo meno, ma è la solarità di fondo a dettare il ritmo del racconto, i rapporti tra i personaggi, perfino una forma stralunata, accogliente e sottile di comicità di situazione che è sempre originale e propria del regista. E' così anche per La felicità porta fortuna, tutto costruito sul corpo attoriale e sull'eccezionale trasporto della protagonista Sally Hawkins, irresistibile e amabile, pasticciona patentata (proprio sul conseguimento della patente di guida si gioca una delle scene più divertenti del film) e inattaccabile ottimista. Il film è una boccata d'aria fresca che scorre via cristallina e senza intoppi, improntandosi a un bisogno di speranza nient'affatto banale ma a tratti un po' troppo zuccheroso ed eccessivamente frivolo, quasi alle soglie della vacuità. Golden Globe e Orso d'argento a Berlino come miglior attrice a Sally Hawkins, a riprova dell'enorme capacità di Leigh di portare i suoi interpreti alla ribalta. Il titolo, in inglese, indica una persona che prende la vita come viene, ma la traduzione italiana ha disperso il senso dell'originale.