Daphne (Daphne Scoccia), una giovane detenuta di un carcere minorile, si innamora di Josh (Josciua Algeri), un coetaneo anch’egli incarcerato. In prigione, però, l’amore è vietato e la loro relazione vive solo di sguardi da una cella all’altra, brevi conversazioni attraverso le sbarre e lettere clandestine. Mentre i due ragazzi cercano comunque di mantenere vivo il loro rapporto impossibile, la ragazza fatica a instaurare un dialogo persino con suo padre (Valerio Mastandrea).
Riprendendo il lavoro svolto nel precedente Alì ha gli occhi azzurri (2012), Claudio Giovannesi affronta nuovamente il complesso mondo dell’adolescenza, mutando coraggiosamente il fulcro della propria analisi. Il film infatti non è un semplice racconto di formazione, bensì un’opera articolata che cerca fin da subito di indagare le difficoltà e i limiti dei rapporti umani in un luogo altro come la prigione. La necessità di un contatto umano in uno spazio costrittivo e claustrofobico è il fulcro narrativo di un racconto che procede senza intoppi, nonostante un certo didascalismo nella messa in scena (la macchina da presa indugia eccessivamente sui volti degli attori attraverso le sbarre). Evitata la retorica, restano alcuni difetti nelle interpretazioni degli interpreti (molti non professionisti), ma il risultato è comunque efficace e coraggioso, spontaneo e sincero. Un film da vedere, distante dagli abituali canoni del cinema italiano contemporaneo. Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2016.