Florentina Hubaldo, CTE
Florentina Hubaldo, CTE
2012
Mubi
Paese
Filippine
Genere
Drammatico
Durata
360 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Lav Diaz
Attori
Hazel Orencio
Kristine Kintana
Noel Sto. Domingo
Willy Fernandez
Joel Ferrer
Florentina Hubaldo (Hazel Orencio) è vittima fin da bambina delle sevizie del padre che, dopo la morte della madre, la teneva spesso incatenata e la costringeva a prostituirsi. Accanto alla sua storia, quella di due uomini disperati che partono per una regione isolata in cerca di un tesoro sepolto.
Da sempre particolarmente sensibile alla condizione femminile nelle Filippine contemporanee (si pensi a Melancholia, del 2008), Lav Diaz, con Florentina Hubaldo, CTE, innalza ancor di più il suo grido di denuncia contro i maltrattamenti alle donne, vittime indifese di un sistema sociale e politico da cui non sono tutelate. Il corpo martoriato di Florentina Hubaldo, donna affetta da una grave malattia degenerativa (CTE sta per encefalopatia traumatica cronica), funge da allegoria delle intere Filippine, territorio storicamente tormentato dalla dittatura e dal colonialismo. La protagonista, che ha una figlia di nome Lolita, si confessa allo spettatore ripetendo ossessivamente la sua traumatica storia, e cercando di dare un senso alla propria esistenza e alla propria individualità («Mi chiamo Florentina Hubaldo»). Attraverso una struttura narrativa frammentata, che procede per segmenti e per andirivieni temporali, Diaz racconta anche la vicenda di due uomini alla ricerca di un tesoro, altri disgraziati che cercano di ribaltare un'esistenza anonima e miserevole. Con il suo consueto tocco poetico, il regista costruisce una pellicola di grande spessore cinematografico, fotografata con un bianco e nero dal valore ipnotico e arricchita da un sonoro di pregevole fattura. Tra le sequenze che rimangono, si può segnalare il toccante tableaux vivant con Florentina e la sua famiglia bagnati da un ruscello: la protagonista guarda in direzione del pubblico, forse, in cerca di quell'aiuto e di quella misericordia che nella sua vita le sono sempre mancati.
Da sempre particolarmente sensibile alla condizione femminile nelle Filippine contemporanee (si pensi a Melancholia, del 2008), Lav Diaz, con Florentina Hubaldo, CTE, innalza ancor di più il suo grido di denuncia contro i maltrattamenti alle donne, vittime indifese di un sistema sociale e politico da cui non sono tutelate. Il corpo martoriato di Florentina Hubaldo, donna affetta da una grave malattia degenerativa (CTE sta per encefalopatia traumatica cronica), funge da allegoria delle intere Filippine, territorio storicamente tormentato dalla dittatura e dal colonialismo. La protagonista, che ha una figlia di nome Lolita, si confessa allo spettatore ripetendo ossessivamente la sua traumatica storia, e cercando di dare un senso alla propria esistenza e alla propria individualità («Mi chiamo Florentina Hubaldo»). Attraverso una struttura narrativa frammentata, che procede per segmenti e per andirivieni temporali, Diaz racconta anche la vicenda di due uomini alla ricerca di un tesoro, altri disgraziati che cercano di ribaltare un'esistenza anonima e miserevole. Con il suo consueto tocco poetico, il regista costruisce una pellicola di grande spessore cinematografico, fotografata con un bianco e nero dal valore ipnotico e arricchita da un sonoro di pregevole fattura. Tra le sequenze che rimangono, si può segnalare il toccante tableaux vivant con Florentina e la sua famiglia bagnati da un ruscello: la protagonista guarda in direzione del pubblico, forse, in cerca di quell'aiuto e di quella misericordia che nella sua vita le sono sempre mancati.
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