1794. Victor Frankenstein (Kenneth Branagh) è un ragazzo ricco e di buone speranze: studioso e appassionato di scienze, vuole seguire le orme paterne come medico. Ossessionato dalla morte della madre, si pone come obiettivo quello di riuscire a riportare in vita i defunti, non tenendo conto delle implicazioni etiche di un'operazione così estrema. Tramite una scarica elettrica, dà così la vita a una mostruosa creatura (Robert De Niro) assemblata con arti e organi di diversi cadaveri. Il britannico Kenneth Branagh si approccia a uno dei mostri più noti della cultura popolare partendo dalle sue origini, il romanzo Frankenstein di Mary Shelley, pur prendendosi qualche libertà. Relega la componente horror a un ruolo marginale (riscontrabile nella raffigurazione barocca del corpo deforme della Creatura) e si concentra soprattutto sull'aspetto melodrammatico e sul rapporto tormentato tra Victor e l'essere da lui portato in vita. Nonostante le cadute di stile, tipiche di un autore che sprofonda sotto le sue stesse ambizioni, il film cerca di intraprendere una via personale nell'indagare la vita e la morte, l'etica della responsabilità e l'attenzione al mondo della letteratura. Budget esorbitante (45 milioni di dollari) e grande dispendio di mezzi non sono però sempre sintomo di un progetto valido: dietro alla monumentale messinscena resta davvero poco. Ottime interpretazioni e contributi tecnici di prim'ordine: fotografia di Roger Pratt e musiche di Patrick Doyle. Tra i produttori figura Francis Ford Coppola. Il film fa parte di una serie di classici horror che furono prodotti dalla TriStar Pictures negli anni Novanta, tra i quali figurano Dracula di Bram Stoker (1992), Wolf – La belva è fuori (1994) e Mary Reilly (1996).