Fuoco fatuo
Fogo-Fátuo
2022
Paesi
Portogallo, Francia
Generi
Musical, Commedia
Durata
67 min.
Formato
Colore
Regista
João Pedro Rodrigues
Attori
Mauro Costa
André Cabral
Joel Branco
Oceano Cruz
Margarida Vila-Nova
Miguel Loureiro
Sul letto di morte, Sua Altezza Reale Alfredo (Mauro Costa), re senza corona, si lascia trasportare da lontane memorie riguardo la sua giovinezza e il tempo in cui sognava di diventare un pompiere. L’incontro con l’istruttore dei Vigili del Fuoco Afonso (André Cabral) apre un nuovo capitolo nella vita dei due giovani, immersi nell’amore, nel desiderio e nella volontà di cambiare la propria situazione.
«Non sono io a definirmi, sono gli altri». Un film che è una fantasia musicale, come il regista la definisce nei titoli di testa, sul tema dell’identità. Identità sessuale, certo, ma anche identità sociale tra doveri di stato e desideri personali; e identità e incompatibilità politica tra regalità decaduta e repubblica. E c’è anche spazio per riflessioni sulla più generale identità umana in un’epoca di collasso ambientale. Molta la carne al fuoco, probabilmente troppa per soli 67 minuti che stanno stretti a trama e tematiche, ma i pregi non mancano: dall’ironica rottura della quarta parete, sintomo dell’assenza di spazio privato di una famiglia reale impotente ma comunque ancora simbolo di un mondo che fu, all’allestimento di affascinanti tableaux vivants tra il sacro e il profano, oltre che all’efficace selezione musicale che alterna erotismo e morte, tra sensuali coreografie e canti funebri strazianti. Anche la sceneggiatura fa il suo lavoro, al netto di qualche passaggio didascalico (la pedissequa lettura del discorso di Greta Thunberg, su tutti). Presentato a Cannes alla Quinzaine des Cinéastes.
«Non sono io a definirmi, sono gli altri». Un film che è una fantasia musicale, come il regista la definisce nei titoli di testa, sul tema dell’identità. Identità sessuale, certo, ma anche identità sociale tra doveri di stato e desideri personali; e identità e incompatibilità politica tra regalità decaduta e repubblica. E c’è anche spazio per riflessioni sulla più generale identità umana in un’epoca di collasso ambientale. Molta la carne al fuoco, probabilmente troppa per soli 67 minuti che stanno stretti a trama e tematiche, ma i pregi non mancano: dall’ironica rottura della quarta parete, sintomo dell’assenza di spazio privato di una famiglia reale impotente ma comunque ancora simbolo di un mondo che fu, all’allestimento di affascinanti tableaux vivants tra il sacro e il profano, oltre che all’efficace selezione musicale che alterna erotismo e morte, tra sensuali coreografie e canti funebri strazianti. Anche la sceneggiatura fa il suo lavoro, al netto di qualche passaggio didascalico (la pedissequa lettura del discorso di Greta Thunberg, su tutti). Presentato a Cannes alla Quinzaine des Cinéastes.
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