Galileo
Galileo
Durata
145
Formato
Regista
Maturità e vecchiaia dello scienziato Galileo Galilei (Topol) nella sua battaglia per sostenere il suo metodo scientifico nell'astronomia e nelle altre arti, contro l'oscurantismo della Sacra Chiesa Romana. Dall'affermazione delle teorie copernicane alle osservazioni sui diversi corpi celesti, il genio toscano finirà nondimeno per ritrattare e ritirarsi a vita privata assistito dalla figlia Virginia (Mary Larkin) per terrore delle torture e del dolore fisico.
Dopo venticinque anni di lungometraggi, Losey porta finalmente sullo schermo un'opera di Bertolt Brecht, il maestro con cui aveva studiato in Germania in gioventù e la cui frequentazione fu una delle cause della persecuzione maccartista al regista. Fatta salva l'assoluta grandezza del testo, il risultato cinematografico ha tutti i pregi e i difetti del “teatro filmato”, ma alcune scelte ne inficiano la qualità complessiva. Se già il “coro” di ragazzini e le canzoni stranianti perdono la loro funzione quando tra pubblico e palco si frappone uno schermo, anche a distanza di anni appare incomprensibile la scelta del modesto Topol per un ruolo tanto impegnativo. L'intenzione era forse quella di contrapporre uno scienziato “proletario” nell'animo a un esercito di intellettuali miopi o in malafede, ma il protagonista resta schiacciato tra la parola scritta e i comprimari. La consueta perizia artistica di Losey salva parzialmente la pellicola, che rimane una visione ben poco scorrevole.
Dopo venticinque anni di lungometraggi, Losey porta finalmente sullo schermo un'opera di Bertolt Brecht, il maestro con cui aveva studiato in Germania in gioventù e la cui frequentazione fu una delle cause della persecuzione maccartista al regista. Fatta salva l'assoluta grandezza del testo, il risultato cinematografico ha tutti i pregi e i difetti del “teatro filmato”, ma alcune scelte ne inficiano la qualità complessiva. Se già il “coro” di ragazzini e le canzoni stranianti perdono la loro funzione quando tra pubblico e palco si frappone uno schermo, anche a distanza di anni appare incomprensibile la scelta del modesto Topol per un ruolo tanto impegnativo. L'intenzione era forse quella di contrapporre uno scienziato “proletario” nell'animo a un esercito di intellettuali miopi o in malafede, ma il protagonista resta schiacciato tra la parola scritta e i comprimari. La consueta perizia artistica di Losey salva parzialmente la pellicola, che rimane una visione ben poco scorrevole.