Girolimoni, il mostro di Roma

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98

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La Roma fascista è sconvolta da un killer spietato che uccide bambini. Vige una psicosi collettiva e una caccia al “mostro“. Mussolini (Luciano Catenacci) si interessa personalmente del caso e vuole il colpevole. La Polizia, con la collaborazione della stampa di regime, incolpa ingiustamente Gino Girolimoni (Nino Manfredi) che verrà incarcerato.

Damiano Damiani racconta la ferocia del potere che distorce la giustizia in un apologo che, nelle intenzioni, vorrebbe andare dritto al bersaglio, ma che, nei fatti, si presenta in maniera eccessivamente goffa e grossolana, calcando la mano con una rozzezza espressiva che non presta un buon servizio alla causa di un'operazione improntata alla denuncia sottile e affilata. Come un anno prima aveva fatto Giuliano Montaldo in Sacco e Vanzetti (1971), anche Damiani attinge da un evento realmente accaduto e tratto dalla cronaca del tempo per dare corpo alla propria istanza, ma il suo sguardo appare troppo infarcito di accenti teatrali esasperati ed esasperanti e solo in parte si allarga al j'accuse contro la “macchina” fascista, ciecamente alla ricerca di un ordine da imporre a tutti i costi, anche incolpando ingiustamente un uomo. Un racconto socialmente importate ma davvero troppo marcato per andare a segno, con inspiegabili cadute. Discreto Manfredi.
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