Germania, anni '70. Gradualmente, il cinquantenne Léopold (Bernard Giraudeau) attira a sé il giovane Franz (Malik Zidi), che presto si innamorerà di lui. Le rispettive amanti dei due (Ludivine Sagnier e Anne Thomson) torneranno a farsi vive, avviando meccanismi involontari che porteranno alla morte di Franz. Sesso e manipolazione sono gli elementi centrali di uno dei film più controversi del parigino François Ozon, ispirato alla pièce – mai messa in scena – Tropfen auf heisse Steine, scritta da un diciannovenne Rainer Werner Fassbinder. Assecondato da un solido quartetto d'attori, da una sceneggiatura ben sviluppata e da un impianto di evidente derivazione teatrale (e giocoforza fassbinderiana), Gocce d'acqua su pietre roventi avrebbe potuto essere il capolavoro d'inizio millennio sull'alterità del sesso nelle sue molteplici sfaccettature. Ozon, invece, a tratti si smarrisce, non fa respirare del tutto i suoi personaggi e ricerca una trasgressione che forse non ha bisogno di esplodere. Tuttavia Bernard Giraudeau, grazie al personaggio di Léopold, ridefinisce cinematograficamente il concetto di crudeltà, amore e dipendenza: il suo è un volto e una mente che non si dimenticano.