Abbandonato l'impegno sul campo per volere dei suoi superiori, un ufficiale americano (Ethan Hawke) ha il potere di sterminare il nemico (sempre più sfuggente) a 11.000 chilometri di distanza, pilotando quegli ipertecnologici droni che stanno ormai sostituendo i bombardieri tradizionali. Non pochi dubbi morali lo assalgono.

Sesto lungometraggio del regista e sceneggiatore neozelandese Andrew Niccol, che ha esordito dietro la macchina da presa con Gattaca – La porta dell'universo (1997) e ha scritto, l'anno successivo, il bellissimo The Truman Show (1998), Good Kill è un'opera di scottante attualità che cerca di offrire un punto di vista inedito sul dramma post-11 settembre e sulle infinite contraddizioni dell'impegno militare a stelle e strisce sul suolo mediorientale. La riflessione moraleggiante su un'etica della guerra segnata da codardia e senso di colpa annacqua completamente un film che si ostina a percorrere il sentiero minato della facile retorica, proponendo il consueto approccio bellicoso "made in Usa" in contrapposizione al doloroso avvenire di un popolo destinato a uscire sconfitto a causa del proprio fanatismo. Accattivante dal punto di vista visivo, con lo sfavillante skyline di Las Vegas a far da controcampo occidentale alle aride pianure mediorientali esplorate con i visori satellitare, il film colleziona tutti i cliché del cinema di denuncia americano più ricattatorio, proponendo la parabola esistenziale di un uomo costretto a un esame di coscienza per arrivare a un fastidioso quanto irritante lieto fine. Inspiegabilmente in concorso alla Mostra del cinema di Venezia.