Grand Tour
Grand Tour
2024
Paesi
Portogallo, Italia, Francia, Germania, Giappone, Cina
Genere
Drammatico
Durata
128 min.
Formati
Bianco e Nero, Colore
Regista
Miguel Gomes
Attori
Gonçalo Waddington
Crista Alfaiate
Cláudio da Silva
Lang Khê Tran
Jorge Andrade
João Pedro Vaz
Birmania, 1917. Edward (Gonçalo Waddington), un funzionario dell'Impero britannico, fugge dalla fidanzata Molly (Crista Alfaiate) il giorno in cui lei arriva per il loro matrimonio. Durante il viaggio, però, il panico lascia il posto alla malinconia: contemplando il vuoto della sua esistenza, Edward si chiede cosa ne sia stato di Molly. Nel frattempo la ragazza, decisa a sposarsi e stranamente divertita dalla fuga del fidanzato, segue le sue tracce in questo grand tour asiatico.
Una ruota panoramica per mostrare due percorsi che finiranno per girare a vuoto. Si apre così Grand Tour, impressionante esperienza audiovisiva girata in pellicola 16mm, in cui il regista portoghese Miguel Gomes mantiene altissima l’asticella del suo cinema, richiamando sia i giochi narrativi del gigantesco progetto Le mille e una notte – Arabian Nights (2015), sia le suggestioni estetiche del bellissimo Tabu (2012). Grand Tour è una sorta di summa della sua poetica, una produzione rischiosa che usa magnificamente il bianco e nero, alternato con alcune sequenze a colori, un film in cui ci sono più voci narranti che accompagnano il “doppio” viaggio dei due protagonisti. Se è mosso anche da elementi melodrammatici, questo lungometraggio è però soprattutto un viaggio nell’anima, in cui le figure umane si perdono nella magnificenza dell’ambiente circostante, tanto brutale e selvaggio, quanto affascinante e misterioso. Miguel Gomes fa un cinema misticheggiante e politico allo stesso tempo, parlando di (de)colonizzazione all’interno di atmosfere spiritiche e valorizzate da splendidi giochi di ombre e luci. Anche gli animali hanno un ruolo fondamentale (come nei precedenti lavori del regista) in questo film, simboli di un universo senza tempo e protettori di uno spazio che rischia di essere contaminato dall’uomo. Come i due protagonisti, ci si perde in quest’opera potentissima che mescola temporalità e in cui la base narrativa è un pretesto per mostrare le varie forme a cui può tendere lo storyelling cinematografico. Con la giusta pazienza, si verrà ripagati da un’esperienza unica e potente, ricca di sequenze difficilmente dimenticabili. Presentato in concorso al Festival di Cannes dove Miguel Gomes ha ottenuto un meritatissimo premio per la miglior regia.
Una ruota panoramica per mostrare due percorsi che finiranno per girare a vuoto. Si apre così Grand Tour, impressionante esperienza audiovisiva girata in pellicola 16mm, in cui il regista portoghese Miguel Gomes mantiene altissima l’asticella del suo cinema, richiamando sia i giochi narrativi del gigantesco progetto Le mille e una notte – Arabian Nights (2015), sia le suggestioni estetiche del bellissimo Tabu (2012). Grand Tour è una sorta di summa della sua poetica, una produzione rischiosa che usa magnificamente il bianco e nero, alternato con alcune sequenze a colori, un film in cui ci sono più voci narranti che accompagnano il “doppio” viaggio dei due protagonisti. Se è mosso anche da elementi melodrammatici, questo lungometraggio è però soprattutto un viaggio nell’anima, in cui le figure umane si perdono nella magnificenza dell’ambiente circostante, tanto brutale e selvaggio, quanto affascinante e misterioso. Miguel Gomes fa un cinema misticheggiante e politico allo stesso tempo, parlando di (de)colonizzazione all’interno di atmosfere spiritiche e valorizzate da splendidi giochi di ombre e luci. Anche gli animali hanno un ruolo fondamentale (come nei precedenti lavori del regista) in questo film, simboli di un universo senza tempo e protettori di uno spazio che rischia di essere contaminato dall’uomo. Come i due protagonisti, ci si perde in quest’opera potentissima che mescola temporalità e in cui la base narrativa è un pretesto per mostrare le varie forme a cui può tendere lo storyelling cinematografico. Con la giusta pazienza, si verrà ripagati da un’esperienza unica e potente, ricca di sequenze difficilmente dimenticabili. Presentato in concorso al Festival di Cannes dove Miguel Gomes ha ottenuto un meritatissimo premio per la miglior regia.
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