Preistoria. Alcuni uomini primitivi (Everett McGill, Ron Perlman e Nicholas Kadi) perdono il possesso della propria zona di caccia e del fuoco a causa dell'attacco di una tribù rivale. Partiranno alla ricerca di nuove risorse e incontreranno la giovane Ika (Rae Dawn Chong). «Il fuoco doveva essere rubato alla natura, mantenuto in vita, protetto da vento e pioggia, difeso dai nemici. Il fuoco divenne simbolo di potere e sinonimo di sopravvivenza. Coloro che possedevano il fuoco, possedevano la vita». Terzo lungometraggio per il francese Jean-Jacques Annaud, che si ispira all'omonimo romanzo di J. H. Rosny aîné al fine di omaggiare la propria passione per la ricostruzione storica, confezionando un apologo sulle abitudini degli esseri preistorici. Gli intenti mirano a una verità assoluta (il linguaggio gestuale, organizzato dall'etologo Desmond Morris, e quello gutturale, inventato dallo scrittore Anthony Burgess), ma il risultato è involontariamente demenziale: la sceneggiatura di Gérard Brach si limita ad abbozzare momenti e situazioni, limitando il tutto allo stadio embrionale. Una visione logorante, appesantita dall'assenza di dialoghi e dal ritmo catatonico; la confezione, in ogni caso, si rivela all'altezza, con paesaggi maestosi e di grande impatto visivo che saranno un riconoscibile marchio di fabbrica del regista negli anni a venire. Cast disinvolto nonostante l'inevitabile macchiettismo di qualche passaggio. Musiche di Philippe Sarde. Oscar al trucco di Sarah Monzani e Michèle Burke.