Giovane giornalista da poco laureata, Skeeter Phelan (Emma Stone) decide di scrivere un libro sulle condizioni delle domestiche di colore nelle ricche famiglie del Mississippi. Dopo le prime resistenze, dovute a un razzismo diffuso quanto edulcorato, riuscirà nell'impresa di rendere conosciuta la realtà di quelle ingiustizie.
È uno di quei film in cui “tutto è a posto e niente è in ordine”: a posto sono la professionalità e il discreto livello di fondo, che coinvolgono ogni elemento del filmico e del pro-filmico e che permettono al film di scorrere senza scossoni e di essere gradevole (regia compresa, onesta, senza fronzoli e convenzionale); il “niente in ordine” è invece riferito all'impatto complessivo, che vorrebbe essere medio e che in realtà tende al mediocre, per quanto nell'immediato la visione sia abbastanza piacevole. Anche la mano di Tate Taylor, invece di risultare invisibile, appare più che altro piatta. Allo stesso modo la tematica – la ricostruzione dell'ineguaglianza razziale in un contesto all'apparenza arcadico – rimane per lo più accennata, e resa con ben poco trasporto, tanta convenzionalità e retorica, come se la volontà principale fosse non una reale urgenza, bensì accontentare il pubblico di maggiore riferimento. Oscar come miglior attrice non protagonista a Octavia Spencer (Minny Jackson).