Il sapore della felicità
Umami
2022
Paesi
Francia, Giappone
Generi
Commedia, Drammatico
Durata
105 min.
Formato
Colore
Regista
Slony Sow
Attori
Gérard Depardieu
Kyôzô Nagatsuka
Pierre Richard
Rod Paradot
Sandrine Bonnaire
Chef parigino di fama mondiale, Gabriel Cravin (Gérard Depardieu) è in crisi con la moglie che lo tradisce (Sandrine Bonnaire) e con i figli, ha perso la passione per il suo lavoro e la gioia di vivere. Dopo che un malore lo porta a un passo dalla morte, decide di rifugiarsi in Giappone per andare alla ricerca di un sapore perduto e del cuoco (Kyozo Nagatsuka) che lo sconfisse in una gara culinaria di 40 anni prima. Insieme ad essi, Gabriel spera di ritrovare la propria identità e il rapporto con la famiglia.
“Umami” (cui fa riferimento il titolo originale) in giapponese è il quinto gusto, un sapore fondamentale identificato nel 1908 dal chimico Kikunae Ikeda che nel film di Slony Sow (attore e regista francese trasferitosi in Giappone) rappresenta la metafora di un mangiare e di un vivere sano e piacevole. Il sapore della felicità ruota tutto intorno a questo concetto ed è un viaggio esistenziale tra Parigi e il Sol Levante, tra nouvelle cuisine e noodles. Un inno ai piccoli piaceri della vita dove la cucina si fa allegoria e che si regge sulla fisicità massiccia di un Depardieu come sempre efficace e perfettamente in parte. Se l'attore francese, che aveva già lavorato con il regista nel suo corto del 2019 Grenouille de cristal, non delude, la stessa cosa purtroppo non si può dire del resto del film, che parte da presupposti interessanti sul piano filosofico ma li disperde in un'operazione banale, scialba e ritrita, per giunta affaticata da una regia sovente ai limiti dell'amatoriale. Le sequenze in Giappone sono più riuscite di quelle francesi, specialmente quelle con protagonista il personaggio chiave della giovane Fumi (Eriko Takeda). In generale, però, sulla pellicola pesa per tutto il tempo una mediocrità (e pure una retorica) di fondo che vanifica l'operazione e il talento degli interpreti di contorno, restituendoci un film che è paradossalmente insapore e modesto. Si esce dalla visione con la sensazione di aver assistito a qualcosa di trascurabile ma, in compenso, anche con una voglia matta di correre a gustarsi una ciotola di ramen.
“Umami” (cui fa riferimento il titolo originale) in giapponese è il quinto gusto, un sapore fondamentale identificato nel 1908 dal chimico Kikunae Ikeda che nel film di Slony Sow (attore e regista francese trasferitosi in Giappone) rappresenta la metafora di un mangiare e di un vivere sano e piacevole. Il sapore della felicità ruota tutto intorno a questo concetto ed è un viaggio esistenziale tra Parigi e il Sol Levante, tra nouvelle cuisine e noodles. Un inno ai piccoli piaceri della vita dove la cucina si fa allegoria e che si regge sulla fisicità massiccia di un Depardieu come sempre efficace e perfettamente in parte. Se l'attore francese, che aveva già lavorato con il regista nel suo corto del 2019 Grenouille de cristal, non delude, la stessa cosa purtroppo non si può dire del resto del film, che parte da presupposti interessanti sul piano filosofico ma li disperde in un'operazione banale, scialba e ritrita, per giunta affaticata da una regia sovente ai limiti dell'amatoriale. Le sequenze in Giappone sono più riuscite di quelle francesi, specialmente quelle con protagonista il personaggio chiave della giovane Fumi (Eriko Takeda). In generale, però, sulla pellicola pesa per tutto il tempo una mediocrità (e pure una retorica) di fondo che vanifica l'operazione e il talento degli interpreti di contorno, restituendoci un film che è paradossalmente insapore e modesto. Si esce dalla visione con la sensazione di aver assistito a qualcosa di trascurabile ma, in compenso, anche con una voglia matta di correre a gustarsi una ciotola di ramen.
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