Io sono un evaso
I Am a Fugitive from a Chain Gang
1932
Paese
Usa
Genere
Drammatico
Durata
92 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
Mervyn LeRoy
Attori
Paul Muni
Glenda Farrell
Helen Vinson
Noel Francis
Preston Foster
Reduce della Prima guerra mondiale, James Allen (Paul Muni), ingiustamente accusato di una rapina in cui è stato coinvolto mentre vagava per gli Stati Uniti in cerca di occupazione, è condannato a dieci anni di lavori forzati. Esasperato, un giorno evade e si ricostruisce una vita a Chicago. Ormai ricco, infelicemente sposato con l'opportunista Marie (Glenda Farrell) ma innamorato di Helen (Helen Vinson), decide di denunciare le violenze subite in passato nel campo di prigionia prima di costituirsi. Ma le autorità gli negano il perdono concordato e lo rinchiudono di nuovo. Evaderà ancora, ma sarà profondamente cambiato. Basata sul racconto autobiografico di Robert E. Burns, all'epoca ancora latitante, una delle più celebri produzioni Warner Bros. degli anni '30 che, nel periodo d'oro dei gangster movie, ha realizzato un'autentica pietra miliare del genere carcerario. Un dramma sociale all'interno del periodo storico tra Grande depressione e New Deal rooseveltiano incentrato su un uomo costantemente braccato, sia in miseria che in ricchezza: LeRoy, attraverso una ferma denuncia del brutale sistema penitenziario americano, si scaglia anche contro le storture di una società amorale, ottusa e spietata che arriva a negare il perdono cristiano. Un ritratto ruvido e serrato di taglio semidocumentaristico su una persecuzione umiliante che annulla la personalità: Allen, schiacciato dall'ingranaggio di una macchina più mostruosa di quella militare, compie un viaggio nell'abisso delle contraddizioni della giustizia, la cui violenza legalizzata fa emergere il lato più oscuro dell'uomo, spinto ad agire da un disperato istinto di sopravvivenza. Coraggioso nel mostrare i soprusi attraverso immagini audaci di grande impatto e dialoghi molto espliciti per l'epoca. Il funzionale rigore schematico della narrazione trova straordinaria forza nell'ambientazione in esterni (fotografia di Sol Polito), dove i massacranti e incandescenti campi di lavoro forzato diventano di una potenza espressiva realistica e materica. Eccezionale Paul Muni, il cui viso bello e pulito si trasforma via via in un volto sofferente e ferito per culminare in un'agghiacciante maschera disumanizzata che si ritira nell'oscurità, in uno dei finali più significativi del decennio.
Maximal Interjector
Browser non supportato.