Delle scalmanate fuori di testa vivono nel culto di James Dean e vent'anni dopo la sua morte si producono ancora in varie celebrazioni in memoria del divo. Una di loro è addirittura convinta di essere stata ingravidata dall'attore de La valle dell'Eden. Da una commedia di Ed Graczyk, Robert Altman rialza la posta dopo una sequela non indifferente di film sbagliati e torna a tratti ad annusare l'odore di zolfo del suo cinema migliore, nonostante l'impianto teatrale sia un po' troppo gravoso sull'operazione cinematografica e il macchiettismo di fondo del testo per il palcoscenico fatichi a essere temperato nel passaggio al grande schermo. Rimane però memorabile la girandola di attrici di eccellente bravura e l'incubo paradossale sul divismo che si fa ossessione paralizzante, con annessa l'incursione nel gender e nelle sue sfaccettature impazzite: ogni protagonista ha infatti una caratura specifica, fisica e caratteriale, che le impedisce di essere normale o socialmente accettabile secondo categorie tradizionali, ragion per cui ciascuna di esse funge da vettore per ridisegnare le coordinate geometriche di un mondo allo sbando.