Jouer avec le feu
Jouer avec le feu
2024
Paese
Francia
Genere
Drammatico
Durata
110 min.
Formato
Colore
Registi
Delphine Coulin
Muriel Coulin
Attori
Vincent Lindon
Benjamin Voisin
Stefan Crepon
Pierre (Vincent Lindon), cinquantenne, cresce i suoi due figli da solo. I tre sono molto uniti. Louis (Stefan Crepon), il più giovane, sta per lasciare casa per andare all’università a Parigi. Fus (Benjamin Voisin), un po’ più grande, sta diventando sempre più schivo. Affascinato dalla violenza, milita in gruppi estremisti di destra, l’esatto opposto dei valori del padre. Tra loro ci sono sia amore che odio, finché non giunge la tragedia.
Uno struggente e toccante dramma famigliare sul rapporto padre e figlio. Stiamo parlando di Jouer avec le feu, l’ultima fatica realizzata dalle registe francesi Muriel e Delphine Coulin. Le due sorelle, arrivate al loro terzo lungometraggio di finzione, dopo 17 ragazze e Voir du pays, firmano una delicata e struggente indagine formato famiglia sul complicato rapporto tra un uomo vedovo e suo figlio ventitreenne. Cosa accade quando il tuo primogenito mette da parte tutto l’amore e gli insegnamenti impartiti dalla famiglia in cui è cresciuto per abbracciare degli ideali che promuovono odio, violenza e razzismo? È possibile perdonargli anche i gesti più estremi? Questi sono i pesanti interrogativi davanti ai quali ci pone Jouer avec le feu, un’opera che racconta, in prima istanza, la fenomenologia di una frattura, tanto sofferta quanto profonda, nel legame tra un padre e suo figlio, i cui rispettivi valori e moralità diventano, nel corso del film, due estremi inconciliabili. Ma questo strappo, fatto di rabbia, incomunicabilità e vergogna, può essere in qualche modo ricucito, anche se non è possibile tornare indietro? Le sorelle Coulin realizzano un’opera sincera ed equilibrata nel voler raccontare il trauma vissuto da Pierre, padre un tempo irreprensibile, ora incapace di accettare le scelte di vita di suo figlio Fus. L’uomo non riesce più a riconoscere il giovane e la follia delle sue posizioni politiche ma, nonostante tutto, cercherà fino all’ultimo di comprenderne le ragioni. Non sembra un caso, infatti, che Jouer avec le feu si avvicini per diversi aspetti alla straordinaria poetica per immagini di Stéphane Brizé. Non soltanto per la scelta del protagonista, ricaduta sull’attore feticcio di Brizé, il grande Vincent Lindon, ma soprattutto per condividere quella capacità innata nel cinema dell’autore di Un altro mondo (2021) di portare lo spettatore a empatizzare con i suoi personaggi, tratteggiando dei ritratti familiari intimi e struggenti, senza mai scadere nel retorico. Anche la politica (altro tema fondamentale del cinema di Brizé) riveste sicuramente un ruolo importante nel corso del film che più volte si espone senza mezzi termini sulla complicata situazione di molti ragazzi francesi, fortemente disillusi dall’assenza di politiche giovanili da parte dei governi francesi succeduti nel corso degli ultimi vent’anni anni. Quegli stessi ragazzi che, anche per questo, si avvicinano sempre di più a partiti e movimenti di estrema destra, coltivandone ideali e pratiche violente. Ma l’arringa politica delle sorelle Coulin non risulta così efficace come la delicata analisi della tragica parabola famigliare su cui, inevitabilmente, si regge l’intero film. Struggente l’interpretazione di Vincent Lindon capace, anche solo con una smorfia del viso, di esprimere tutto il dolore e la sofferenza incamerati dal suo personaggio (in questo senso, è commuovente la sequenza in cui l’uomo assiste inerme al processo contro il figlio): il grande attore si è meritato la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia, ma straordinaria è anche l’interpretazione del primogenito da parte di Benjamin Voisin, di cui rusciamo ad intercettare il sorriso e la voglia di vivere tipica di un ventenne ma anche tutta quella rabbia e disillusione che il ragazzo arriverà ad esprimere nei confronti della propria vita. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, dove Vincent Lindon ha vinto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile.
Uno struggente e toccante dramma famigliare sul rapporto padre e figlio. Stiamo parlando di Jouer avec le feu, l’ultima fatica realizzata dalle registe francesi Muriel e Delphine Coulin. Le due sorelle, arrivate al loro terzo lungometraggio di finzione, dopo 17 ragazze e Voir du pays, firmano una delicata e struggente indagine formato famiglia sul complicato rapporto tra un uomo vedovo e suo figlio ventitreenne. Cosa accade quando il tuo primogenito mette da parte tutto l’amore e gli insegnamenti impartiti dalla famiglia in cui è cresciuto per abbracciare degli ideali che promuovono odio, violenza e razzismo? È possibile perdonargli anche i gesti più estremi? Questi sono i pesanti interrogativi davanti ai quali ci pone Jouer avec le feu, un’opera che racconta, in prima istanza, la fenomenologia di una frattura, tanto sofferta quanto profonda, nel legame tra un padre e suo figlio, i cui rispettivi valori e moralità diventano, nel corso del film, due estremi inconciliabili. Ma questo strappo, fatto di rabbia, incomunicabilità e vergogna, può essere in qualche modo ricucito, anche se non è possibile tornare indietro? Le sorelle Coulin realizzano un’opera sincera ed equilibrata nel voler raccontare il trauma vissuto da Pierre, padre un tempo irreprensibile, ora incapace di accettare le scelte di vita di suo figlio Fus. L’uomo non riesce più a riconoscere il giovane e la follia delle sue posizioni politiche ma, nonostante tutto, cercherà fino all’ultimo di comprenderne le ragioni. Non sembra un caso, infatti, che Jouer avec le feu si avvicini per diversi aspetti alla straordinaria poetica per immagini di Stéphane Brizé. Non soltanto per la scelta del protagonista, ricaduta sull’attore feticcio di Brizé, il grande Vincent Lindon, ma soprattutto per condividere quella capacità innata nel cinema dell’autore di Un altro mondo (2021) di portare lo spettatore a empatizzare con i suoi personaggi, tratteggiando dei ritratti familiari intimi e struggenti, senza mai scadere nel retorico. Anche la politica (altro tema fondamentale del cinema di Brizé) riveste sicuramente un ruolo importante nel corso del film che più volte si espone senza mezzi termini sulla complicata situazione di molti ragazzi francesi, fortemente disillusi dall’assenza di politiche giovanili da parte dei governi francesi succeduti nel corso degli ultimi vent’anni anni. Quegli stessi ragazzi che, anche per questo, si avvicinano sempre di più a partiti e movimenti di estrema destra, coltivandone ideali e pratiche violente. Ma l’arringa politica delle sorelle Coulin non risulta così efficace come la delicata analisi della tragica parabola famigliare su cui, inevitabilmente, si regge l’intero film. Struggente l’interpretazione di Vincent Lindon capace, anche solo con una smorfia del viso, di esprimere tutto il dolore e la sofferenza incamerati dal suo personaggio (in questo senso, è commuovente la sequenza in cui l’uomo assiste inerme al processo contro il figlio): il grande attore si è meritato la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia, ma straordinaria è anche l’interpretazione del primogenito da parte di Benjamin Voisin, di cui rusciamo ad intercettare il sorriso e la voglia di vivere tipica di un ventenne ma anche tutta quella rabbia e disillusione che il ragazzo arriverà ad esprimere nei confronti della propria vita. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, dove Vincent Lindon ha vinto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile.
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