Jules e Jim
Jules et Jim
1962
Rai Play
Paese
Francia
Generi
Drammatico, Sentimentale
Durata
100 min.
Formato
Bianco e Nero
Regista
François Truffaut
Attori
Jeanne Moreau
Oskar Werner
Henri Serre
Parigi, 1912. Due giovani di nazionalità diverse, il francese Jim (Henri Serre) e l'austriaco Jules (Oskar Werner), stringono una profonda amicizia con la giovane e attraente Catherine (Jeanne Moreau): un incontro che si trasforma in un impossibile ménage à trois, destinato a concludersi tragicamente dopo un ventennio di memorabili emozioni condivise.
«M'hai detto: ti amo. Ti dissi: aspetta. Stavo per dirti: eccomi. Tu m'hai detto: vattene». Se il cinema è l'arte della registrazione, non solo di oggetti, ma anche di forme visive, di suoni e di emozioni intense, Jules e Jim, terzo lungometraggio di François Truffaut, ne è l'esempio lampante. L'opera registra infatti una realtà in cui i sentimenti e i gesti si intersecano sullo sfondo di una guerra imminente, portatrice di desolazione e sofferenze. Il regista francese conserva la stessa energia dirompente del suo rivoluzionario esordio, I quattrocento colpi (1959): un'energia che traspare dal suggestivo bianco e nero in cinemascope, dalla delicatezza di sguardo sul mondo e dalle sfumature rese evidenti dai caratteri dei protagonisti. Il film, che a tratti assurge a poesia sulle stagioni dell'amore, è nato dalla passione che lo stesso Truffaut nutriva per Jeanne Moreau, eletta dal regista come sua musa ispiratrice; ogni volta che la donna esce dall'inquadratura, si può avvertire un'ombra di tristezza, mentre il suo arrivo è sempre caratterizzato da un brivido di gioioso desiderio. Tratto da un romanzo di Henri-Pierre Roché, adattato da Truffaut con Jean Gruault. Musiche di Georges Delerue.
«M'hai detto: ti amo. Ti dissi: aspetta. Stavo per dirti: eccomi. Tu m'hai detto: vattene». Se il cinema è l'arte della registrazione, non solo di oggetti, ma anche di forme visive, di suoni e di emozioni intense, Jules e Jim, terzo lungometraggio di François Truffaut, ne è l'esempio lampante. L'opera registra infatti una realtà in cui i sentimenti e i gesti si intersecano sullo sfondo di una guerra imminente, portatrice di desolazione e sofferenze. Il regista francese conserva la stessa energia dirompente del suo rivoluzionario esordio, I quattrocento colpi (1959): un'energia che traspare dal suggestivo bianco e nero in cinemascope, dalla delicatezza di sguardo sul mondo e dalle sfumature rese evidenti dai caratteri dei protagonisti. Il film, che a tratti assurge a poesia sulle stagioni dell'amore, è nato dalla passione che lo stesso Truffaut nutriva per Jeanne Moreau, eletta dal regista come sua musa ispiratrice; ogni volta che la donna esce dall'inquadratura, si può avvertire un'ombra di tristezza, mentre il suo arrivo è sempre caratterizzato da un brivido di gioioso desiderio. Tratto da un romanzo di Henri-Pierre Roché, adattato da Truffaut con Jean Gruault. Musiche di Georges Delerue.
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