Lo spacciatore Chris (Emile Hirsch), nei guai a causa di una vendita di droga finita male, convince il padre Ansel (Thomas Haden Church) ad assumere il killer Joe Cooper (Matthew McConaughey) per uccidere la madre e intascare i soldi dell'assicurazione. Il coinvolgimento della fragile e minorata sorella Dottie (Juno Temple) scatenerà una serie di imprevedibili conseguenze.
«Killer Joe è la storia di Cenerentola, ma si dà il caso che il principe sia un killer a pagamento». Parole del regista William Friedkin che ha adattato per il grande schermo l'omonima pièce teatrale di Tracy Letts (anche sceneggiatrice), realizzando un feroce noir sull'avidità umana. La squallida e desolata provincia americana fa da sfondo a inganni, tradimenti e ipocrisie, squarci di violenza belluina (Chris che viene pestato a sangue dagli scagnozzi del boss Digger Soames, interpretato da Marc Macaulay) e caratterizzazioni sgradevoli al limite dell'insostenibilità (Sharla alias Gina Gershon, volgare compagna di Ansel). La tecnica cristallina, supportata da uno stile geometrico e controllatissimo, esalta per contrasto l'ambigua e ribollente materia di base, in cui i picchi grotteschi (Joe che costringe Sharla a praticare una fellatio a una coscia di pollo), gli inserti da commedia (i duetti tra Chris e il padre) e le perversioni (lo sfuggente rapporto tra Chris e la sorella, l'ossessione malata di Joe nei confronti di Dottie) provocano straniamento e disagio. Un film brutale, scomodo e difficile da metabolizzare: il cinema di Friedkin non scende a compromessi. Coerenza rara, di questi tempi. Cast in stato di grazia (mirabile Matthew McConaughey, ma la Gershon e Thomas Haden Church non sono da meno) e splendida fotografia di Caleb Deschanel. Presentato in concorso alla 68ª edizione del Festival di Venezia.