Il sacrificio del cervo sacro
The Killing of a Sacred Deer
2017
Paesi
Gran Bretagna, Usa, Irlanda
Generi
Drammatico, Horror
Durata
109 min.
Formato
Colore
Regista
Yorgos Lanthimos
Attori
Nicole Kidman
Alicia Silverstone
Colin Farrell
Raffey Cassidy
Bill Camp
Barry Keoghan
Un chirurgo di successo (Colin Farrell) prende sotto la sua ala protettiva il figlio di un suo paziente (Barry Keoghan) deceduto a seguito di un’operazione al cuore. Inizialmente tra i due sembra esserci un forte legame, ma man mano che passano i giorni il loro rapporto sarà sempre più inquietante e finirà per mettere in pericolo la famiglia del medico.
Il primo film americano del greco Yorgos Lanthimos (il precedente, The Lobster, aveva un cast internazionale ma non c’erano gli Stati Uniti tra i paesi produttori) è ancora una pellicola che parla della (auto)distruzione di un nucleo famigliare, tema da sempre fondamentale nell’opera dell’autore di Dogtooth (2009). In questo caso il suo bersaglio è una famiglia borghese, il cui padre è colpevole di aver sbagliato un intervento e per questo merita di essere “giustiziato”. Attraverso una messinscena rigorosa e forte di alcune suggestioni audiovisive, Lanthimos prova a nascondere il vuoto di una storia di vendetta che sa molto di già visto e di un soggetto di base decisamente al di sotto di quelli scritti per i suoi lavori precedenti. Il gioco al massacro messo in atto si conclude con sequenze involontariamente grottesche e incapaci di far quadrare nel modo giusto un lungometraggio che, già durante il percorso, presentava non poche crepe narrative. La metafora (esplicitata anche da una battuta infelice che il ragazzo fa al protagonista) in questo caso è fin troppo palese e non riesce a scuotere come dovrebbe. Si rischia spesso di (s)cadere nell’immoralità (soprattutto nelle ultime due sequenze) e anche il sadismo di fondo del ragionamento messo in atto fatica a colpire. Peccato davvero perché una cornice del genere avrebbe meritato quantomeno di avere un quadro al suo interno. Premio per la migliore sceneggiatura ex-aequo con A Beautiful Day (2017) di Lynne Ramsay al Festival di Cannes.
Il primo film americano del greco Yorgos Lanthimos (il precedente, The Lobster, aveva un cast internazionale ma non c’erano gli Stati Uniti tra i paesi produttori) è ancora una pellicola che parla della (auto)distruzione di un nucleo famigliare, tema da sempre fondamentale nell’opera dell’autore di Dogtooth (2009). In questo caso il suo bersaglio è una famiglia borghese, il cui padre è colpevole di aver sbagliato un intervento e per questo merita di essere “giustiziato”. Attraverso una messinscena rigorosa e forte di alcune suggestioni audiovisive, Lanthimos prova a nascondere il vuoto di una storia di vendetta che sa molto di già visto e di un soggetto di base decisamente al di sotto di quelli scritti per i suoi lavori precedenti. Il gioco al massacro messo in atto si conclude con sequenze involontariamente grottesche e incapaci di far quadrare nel modo giusto un lungometraggio che, già durante il percorso, presentava non poche crepe narrative. La metafora (esplicitata anche da una battuta infelice che il ragazzo fa al protagonista) in questo caso è fin troppo palese e non riesce a scuotere come dovrebbe. Si rischia spesso di (s)cadere nell’immoralità (soprattutto nelle ultime due sequenze) e anche il sadismo di fondo del ragionamento messo in atto fatica a colpire. Peccato davvero perché una cornice del genere avrebbe meritato quantomeno di avere un quadro al suo interno. Premio per la migliore sceneggiatura ex-aequo con A Beautiful Day (2017) di Lynne Ramsay al Festival di Cannes.
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