Il giovane studente universitario Peter Parker (Nicholas Hammond), che vive con la zia e fa il fotografo freelance per il giornale newyorchese "Daily Bugle", viene punto da un ragno radioattivo e diventa l'Uomo Ragno, un supereroe che mette a disposizione i suoi poteri per combattere uno scienziato-ipnotizzatore che minaccia una serie di suicidi a comando, se non gli verrà versata un'ingente somma di denaro. Film televisivo gonfiato per il grande schermo che fa a capo a una breve serie di telefilm dal vivo basata sullo Spider-man di Stan Lee e Steve Ditko, dove si narrano le origini del supereroe, eliminando però la tragica morte dello zio e la questione dei poteri e delle responsabilità. Nicholas Hammond, visto anni prima nel film musicale Tutti insieme appassionatamente nei panni di uno dei bambini canterini di Julie Andrews, è qui un più che discreto Peter Parker unversitario, ispirato a quello dei fumetti ragneschi disegnati da John Romita Senior (all'epoca sulla cresta dell'onda), che si divide fra laboratori di fisica e continue visite al giornale "Daily Bugle" dove cerca di vendere all'editore le fotografie che scatta. Il problema è che quando diventa l'Uomo Ragno, l'attore perde di credibilità, vuoi per il costume con cintura multi-uso e lancia-ragnatele in bella vista, gli effetti speciali dozzinali usati dalla produzione, che per la povertà del budget usato negli anni'70 (si vede che le arrampicate sono fatte in studio). Se da una parte si potrebbe anche applaudire il primo tentativo d'imbastire un film dal vivo dell'Uomo Ragno (seppure di stampo tv e di serie B) e la scelta di una trama che tratta di tentati suicidi di massa, dall'altro ci si dispera nel vedere uno Spider-man che penzola poco e niente fra i grattacieli per via delle tele grottesche e poco resistenti che tesse, e che viene messo facilmente in difficoltà da tre esperti di kendo (le guardie del corpo del cattivo). Evitabile, anche se la serie con Hammond riuscirà a fare di peggio.