Anni ’80. Di ritorno in una piccola città sul mar Tirreno, l’archeologo britannico Arthur (John O’Connor) ritrova la sua sciagurata banda di tombaroli, ladri di corredi etruschi e di meraviglie archeologiche. Arthur ha però un dono che mette al servizio della banda: sente il vuoto, in particolare quello della terra nella quale si trovano le vestigia di un mondo passato. Lo stesso vuoto che ha lasciato in lui il ricordo del suo amore perduto.
A quattro anni di distanza dal suo ultimo film Lazzaro felice, premio per la miglior sceneggiatura a Cannes nel 2018, la regista toscana Alice Rohrwacher firma un lungometraggio esplicitamente sospeso tra la vita di un pugno di personaggi erranti, per i quali la dimensione della vita cittadina è evidentemente fusa a quella boschiva, e un sottosuolo carico di misteri e tesori da scoprire, come a suggerire un costante dialogo tra i vivi e morti. La sceneggiatura, firmata dalla stessa cineasta, si muove come di consueto per il suo cinema in maniera molto libera e sregolata, tallonando una famiglia cinematografica evocata con stile quasi semi-documentaristico, nel quale le persone e i personaggi si confondono (o almeno quella è l’impressione che il calore discreto dell’approccio suggerisce) e la ricerca della Chimera del titolo assume un chiaro e paradigmatico valore simbolico. La vicenda narrata, incentrata sul traffico clandestino di manufatti storici e sul mercato nero di reperti storici preziosi rubati dalle tombe duranti gli scavi, è solo il punto di partenza per un viaggio affettuoso e bislacco nelle pieghe di un passato abitato da una certa dose di poesia e malinconia ma a tratti anche disincantato, nel quale viene lasciata molta libertà allo spettatore di trovare spunti e suggestioni all’interno del racconto e di accedere a una zona remota della propria immaginazione. La chimera è, per molti versi, l’opera in assoluto più carica di fascino, ambizione e mistero della carriera da regista di Rohrwacher, che, come già in Lazzaro felice, fa propria la lezione di Ermanno Olmi, nell’osservazione del rapporto tra individui e natura, concedendosi anche qualche più sparuto ma più rabberciato eco felliniano nel dar vita a un famiglia circense, che potrebbe essere uscita da una fiaba antica e universale. I tanti riferimenti alla cultura etrusca, popolo che aveva una particolare attenzione alla rilevanza filosofica e mistica della morte per l’essere umano e ai riti di passaggio dall’esistenza terrena all’Oltretomba, permettono a La chimera di inserirsi in una cornice di grande suggestione capace di intercettare anche il femminismo, visto che nella società etrusca le donne avevano una rilevanza maggiore sociale che in quella greca e latina e non erano confinate soltanto alle attività domestiche. Alba Rohrwacher, sorella della regista, compare in un piccolo ma significativo ruolo che evoca proprio quest’ultimo aspetto attraverso gli strumenti dell’arte antica, mentre a impreziosire il cast internazionale ci sono l’attore britannico Josh O’Connor, interprete di Carlo d’Inghilterra nella serie The Crown e non sempre a fuoco nei panni del protagonista, l’attrice brasiliana Carol Duarte nel ruolo di Italia, ben più efficace, e Isabella Rossellini in quello di Flora. Yile Vianello, interprete di Beniamina, amore perduto di Arthur, era la protagonista dell’opera prima della regista, Corpo celeste (2011). Presentato in Concorso al Festival di Cannes 2023.