Dopo aver portato a termine la sua spietata vendetta, Yuki (Meiko Kaji) viene condannata a morte. Poco prima dell'esecuzione viene però liberata dalla polizia segreta giapponese, che la assolda per una nuova missione: infiltrarsi nella vita dell'anarchico Ransui (Juzo Itami), sottrargli una importantissima lettera il cui contenuto sarebbe fatale per il governo e ucciderlo. Ma è impossibile tenere a bada l'anima ribelle e giustizialista di Yuki... Girato sulla scia del successo del primo Lady Snowblood – Neve di sangue (1973), questo seguito – pur sempre firmato da Toshiya Fujita e tratto dal manga del duo Koike-Kamimura – perde tutto il raffinato appeal del primo episodio, mostrando purtroppo la corda della sua inevitabile natura derivativa. Il contesto storico (punto di forza del predecessore) qui non è che un pretesto: la guerra russo-giapponese finita nel 1907 – introdotta a forza da inserti in bianco e nero e voce off – mortifica il senso di una vendetta che da personale si fa nazionale. La povera Yuki da fiera eroina si tramuta in figurina bidimensionale e strumento politico che, semplicemente, combatte una battaglia che non è la sua. Narrativamente debolissimo, il film non sviluppa alcuna empatia con lo spettatore, a cui resta solo la sterile osservazione delle ineccepibili quanto ripetitive scene d'azione (lo sterminio fra le lapidi del cimitero, i duelli sulla spiaggia). Se è vero che il dittico che ha ispirato Quentin Tarantino per il suo Kill Bill (2003-2004) andrebbe visto come una double feature, una doppia visione che si completa vicendevolmente, è altresì corretto constatare come questo sequel, da solo, non si regga in alcun modo in piedi. Realizzato (come il predecessore) dalla gloriosa casa di produzione Toho Company Ltd., fautrice di tutti i film dedicati a Godzilla.