Inghilterra, 1191. In assenza del re Riccardo (Ian Hunter), fatto prigioniero in Terra Santa, assume il potere suo fratello Giovanni (Claude Rains), che dà vita a un regno di terrore in cui i poveri sono costretti a subire umiliazioni di ogni sorta. Contro di lui, si metterà l'arciere Robin Hood (Errol Flynn), a capo di una banda di ribelli pronti a tutto pur di riuscire a farsi giustizia. Nonostante una lavorazione travagliata, in cui Michael Curtiz sostituì William Keighley dopo due mesi di riprese, La leggenda di Robin Hood è uno dei più brillanti risultati ottenuti dal genere cappa e spada negli anni Trenta. L'intera confezione è formidabile, dalla colonna sonora alla fotografia, ma a sorprendere è soprattutto il ritmo: agile, come il suo protagonista, dall'inizio alla fine, il film non perde un colpo, evita qualsiasi tipo di calo drammaturgico mentre il climax emotivo cresce alla distanza (si veda il duello conclusivo fra Robin Hood e Sir Guy). Grandioso l'uso del technicolor che, da qui in avanti, diventerà una costante del cinema a stelle e strisce. Errol Flynn sembra nato per interpretare il personaggio, ma tutto il cast di contorno è pienamente all'altezza. Alan Hale aveva già vestito i panni di Little John nel precedente film su Robin Hood, diretto da Allan Dwan e datato 1922, e tornerà a vestirli anche nella sua ultima pellicola, Viva Robin Hood (1950) di Gordon Douglas.