Lasciali parlare
Let Them All Talk
2020
Paese
Usa
Genere
Drammatico
Durata
113 min.
Formato
Colore
Regista
Steven Soderbergh
Attori
Meryl Streep
Candice Bergen
Dianne Wiest
Gemma Chan
Lucas Hedges
Alice Hughes (Meryl Streep) è un'autrice vincitrice del Pulitzer che sta lavorando a una nuova opera: l’editore spera che sia un sequel del suo lavoro più noto, ma la scrittrice non si sbilancia. Invitata per ricevere un premio nel Regno Unito, Alice salpa a bordo di una nave che le farà attraversare l’Oceano Atlantico e porta con sé alcuni ospiti per assisterla durante il viaggio: il nipote Tyler (Lucas Hedges) e due amiche dei tempi dell'università, Roberta (Candice Bergen) e Susan (Dianne Wiest), con cui aveva perso i contatti.
C’è qualcosa di davvero profondo tra le pieghe narrative di questo film anomalo, difficile da inquadrare e, ancor di più da prevedere, durante la visione. Girato in poche settimane, Lasciali parlare è un film con cui Soderbergh prosegue il suo percorso di sperimentazione, togliendo certezze allo spettatore che si trova di fronte a un prodotto in cui il lungo viaggio oceanico corrisponde anche a continui cambi di prospettiva, non solo sui punti di vista dei personaggi, ma anche sui generi messi in campo: dalla commedia al dramma il cambiamento è repentino, tanto che si potrebbe dire che addirittura il passaggio è dalla farsa alla tragedia. I ricordi piacevoli del passato lasciano spazio ai rancori mai sopiti in questo film che racconta l’anzianità attraverso gli occhi di tre donne, le cui interpreti hanno dato vita a una vera e propria gara di bravura. È un viaggio esplicitamente esistenziale quello di Lasciali parlare, in cui si parla del passaggio del testimone della conoscenza alle generazioni successive, ma anche di egoismo e cinismo, come se tutto fosse guidato unicamente dal denaro e dal profitto, fino quantomeno a quando una tragedia (appunto) si verifica. Ci sono momenti altalenanti e il finale convince fino a un certo punto, ma il film lascia comunque una sensazione dolceamara in bocca, di quelle che non riesci proprio a toglierti nelle ore (e forse nei giorni) successive alla visione. Scritto da Deborah Eisenberg, questo è anche un ottimo lungometraggio per scavare nella psicologia femminile, con tre tipi di donne (e di città da cui vengono) molto diverse e tutte pienamente credibili, a cui si aggiunge l’altrettanto fondamentale personaggio di Karen, responsabile della casa editrice che pubblicherà il nuovo lavoro di Alice, che va sulla nave di nascosto per cercare di capire se il libro sarà effettivamente il sequel del suo successo. Quello che Karen vorrebbe – il giocare sul sicuro con un seguito – è proprio la strada opposta di quella scelta da Soderbergh, che al contrario firma un film complesso e ambizioso, semplice solo in apparenza e capace di raccontare come la tensione possa salire silenziosamente all’interno dei rapporti umani, così come all’interno di un copione per il grande schermo.
C’è qualcosa di davvero profondo tra le pieghe narrative di questo film anomalo, difficile da inquadrare e, ancor di più da prevedere, durante la visione. Girato in poche settimane, Lasciali parlare è un film con cui Soderbergh prosegue il suo percorso di sperimentazione, togliendo certezze allo spettatore che si trova di fronte a un prodotto in cui il lungo viaggio oceanico corrisponde anche a continui cambi di prospettiva, non solo sui punti di vista dei personaggi, ma anche sui generi messi in campo: dalla commedia al dramma il cambiamento è repentino, tanto che si potrebbe dire che addirittura il passaggio è dalla farsa alla tragedia. I ricordi piacevoli del passato lasciano spazio ai rancori mai sopiti in questo film che racconta l’anzianità attraverso gli occhi di tre donne, le cui interpreti hanno dato vita a una vera e propria gara di bravura. È un viaggio esplicitamente esistenziale quello di Lasciali parlare, in cui si parla del passaggio del testimone della conoscenza alle generazioni successive, ma anche di egoismo e cinismo, come se tutto fosse guidato unicamente dal denaro e dal profitto, fino quantomeno a quando una tragedia (appunto) si verifica. Ci sono momenti altalenanti e il finale convince fino a un certo punto, ma il film lascia comunque una sensazione dolceamara in bocca, di quelle che non riesci proprio a toglierti nelle ore (e forse nei giorni) successive alla visione. Scritto da Deborah Eisenberg, questo è anche un ottimo lungometraggio per scavare nella psicologia femminile, con tre tipi di donne (e di città da cui vengono) molto diverse e tutte pienamente credibili, a cui si aggiunge l’altrettanto fondamentale personaggio di Karen, responsabile della casa editrice che pubblicherà il nuovo lavoro di Alice, che va sulla nave di nascosto per cercare di capire se il libro sarà effettivamente il sequel del suo successo. Quello che Karen vorrebbe – il giocare sul sicuro con un seguito – è proprio la strada opposta di quella scelta da Soderbergh, che al contrario firma un film complesso e ambizioso, semplice solo in apparenza e capace di raccontare come la tensione possa salire silenziosamente all’interno dei rapporti umani, così come all’interno di un copione per il grande schermo.
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