In un futuro distopico, un padre (Casey Affleck) fa di tutto per difendere sua figlia Rag (Anna Pniowsky) dalla ferocia di un mondo violento e maschilista in cui la sopravvivenza è alla base della ragion d'essere. In costante fuga e senza potersi fidare di nessuno, i due sembrano trovare pace quando vengono accolti da tre anziani signori in una dimora isolata. Ma il pericolo è sempre incombente.
Casey Affleck torna dietro la macchina da presa a quasi dieci anni di distanza dal precedente Joaquin Phoenix – Io sono qui! (2010) per dirigere un film post-apocalittico che affonda le radici nel rapporto generazionale tra padre e figlio. Lo spunto narrativo da cui lo sviluppo prende piede è solamente un pretesto per trattare tematiche ben più universali e consone quali la ricerca di una propria identità (l'ambivalenza sessuale della piccola Rag) e l'importanza di poter contare su un mondo accogliente e solidale. Affleck è bravo nel trovare il coraggio per arrischiarsi in un'avventura scivolosa in cui dimostra di saper mantenere alta la tensione dei due personaggi principali (sia davanti che dietro la macchina da presa), così come fa sfoggio di talento anche nel gestire dialoghi di sceneggiatura complessi e non semplici da strutturare. A conti fatti, però, quello che manca al film è una forza cinematografica in grado di scuotere realmente l'animo dello spettatore. Anche per via di una parte centrale decisamente troppo lunga e ripetitiva, il progetto si sgonfia poco per volta per poi risolversi con un finale non propriamente all'altezza. L'eco del The Road (2009) di John Hillcoat è presente ma non invadente. Presentato al Festival di Berlino.