L'orto americano
2024
Paese
Italia
Genere
Horror
Durata
107 min.
Formato
Colore
Regista
Pupi Avati
Attori
Filippo Scotti
Rita Tushingham
Chiara Caselli
Roberto De Francesco
Un giovane aspirante scrittore (Filippo Scotti) che sostiene di poter parlare con i morti si innamora di un'infermiera dell'esercito americano a Bologna, durante la liberazione. Dopo un anno, nel Midwest americano, il ragazzo si trasferisce per qualche mese in una casa vicina a quella della madre dell'infermiera, scomparsa in circostanze misteriose. Il giovane, allora, intraprende una drammatica ricerca per scoprire la verità, che lo porterà a un'inaspettata conclusione in Italia.
Dopo le recenti opere dedicate a Dante e al tema del tempo, Pupi Avati ritorna alle sue radici horror gotiche con un film che richiama l’influenza di maestri del cinema di genere come Mario Bava, Carl Theodor Dreyer e Alfred Hitchcock. Tratto dal romanzo omonimo scritto dallo stesso Avati, il film è un viaggio nei meandri più oscuri della psiche umana e della memoria collettiva storica, ambientato a metà tra un'Italia lacerata dalla Seconda Guerra Mondiale e un'America che, apparentemente serena, nasconde anch'essa i suoi oscuri segreti. Avati si dimostra ancora capace di mescolare amore e orrore in un'unica narrazione, esplorando il rapporto profondo tra Storia e Memoria. Il protagonista, interpretato da Filippo Scotti, incarna il tormento di un’intera generazione che fatica a superare i traumi della guerra. La sua malattia mentale, in questo senso, diventa il simbolo dello stato psicologico di un paese incapace di lasciarsi alle spalle un passato doloroso. Tuttavia, nonostante la grande sensibilità registica e i numerosi riferimenti colti, peculiari nel cinema di Avati, L’orto americano soffre di alcuni gravi problemi strutturali che ne indeboliscono completamente la resa finale. La sceneggiatura, ad esempio, manca di coesione e lo spostamento della narrazione dal contesto americano a quello italiano risulta poco fluido. Alcuni passaggi, tra cui il plot twist finale, sono alquanto prevedibili e, per questo, responsabili dell’indebolimento della fondamentale tensione drammatica in un film di questo tipo. Avati realizza un un’opera intrisa di buone intenzioni, ma che appare debole e affaticata nel suo sviluppo complessivo. Nonostante offra comunque uno sguardo sulla fragilità umana e sulla difficoltà di superare i traumi del passato, L’orto americano si ripiega sui propri vizi di forma a cui vanno aggiunti alcuni grossolani errori tecnici (un’attrice doppiata che parla fuori sincrono) che non passano certo inosservati. Presentato Fuori Concorso come film di chiusura della Mostra del Cinema di Venezia 2024.
Dopo le recenti opere dedicate a Dante e al tema del tempo, Pupi Avati ritorna alle sue radici horror gotiche con un film che richiama l’influenza di maestri del cinema di genere come Mario Bava, Carl Theodor Dreyer e Alfred Hitchcock. Tratto dal romanzo omonimo scritto dallo stesso Avati, il film è un viaggio nei meandri più oscuri della psiche umana e della memoria collettiva storica, ambientato a metà tra un'Italia lacerata dalla Seconda Guerra Mondiale e un'America che, apparentemente serena, nasconde anch'essa i suoi oscuri segreti. Avati si dimostra ancora capace di mescolare amore e orrore in un'unica narrazione, esplorando il rapporto profondo tra Storia e Memoria. Il protagonista, interpretato da Filippo Scotti, incarna il tormento di un’intera generazione che fatica a superare i traumi della guerra. La sua malattia mentale, in questo senso, diventa il simbolo dello stato psicologico di un paese incapace di lasciarsi alle spalle un passato doloroso. Tuttavia, nonostante la grande sensibilità registica e i numerosi riferimenti colti, peculiari nel cinema di Avati, L’orto americano soffre di alcuni gravi problemi strutturali che ne indeboliscono completamente la resa finale. La sceneggiatura, ad esempio, manca di coesione e lo spostamento della narrazione dal contesto americano a quello italiano risulta poco fluido. Alcuni passaggi, tra cui il plot twist finale, sono alquanto prevedibili e, per questo, responsabili dell’indebolimento della fondamentale tensione drammatica in un film di questo tipo. Avati realizza un un’opera intrisa di buone intenzioni, ma che appare debole e affaticata nel suo sviluppo complessivo. Nonostante offra comunque uno sguardo sulla fragilità umana e sulla difficoltà di superare i traumi del passato, L’orto americano si ripiega sui propri vizi di forma a cui vanno aggiunti alcuni grossolani errori tecnici (un’attrice doppiata che parla fuori sincrono) che non passano certo inosservati. Presentato Fuori Concorso come film di chiusura della Mostra del Cinema di Venezia 2024.
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