La giovane Samantha Andretti (Valentina Bellè) viene rapita mentre va a scuola: anche l'investigatore privato Bruno Genko (Toni Servillo) non riesce a risolvere il caso. Passano 15 anni e la ragazza si risveglia in un letto d'ospedale, ma non ricorda nulla del suo passato. Al suo fianco c’è un misterioso medico “profiler”, il dottor Green (Dustin Hoffman).
Seconda regia dello scrittore Donato Carrisi dopo il successo de La ragazza nella nebbia (2017): insignito del David di Donatello come miglior regista esordiente e graziato da un buon successo di pubblico, l’autore pugliese ci riprova adattando un altro suo romanzo, L’uomo del labirinto, e rinnovando il sodalizio con Toni Servillo. Il risultato, però, è purtroppo estremamente raffazzonato e al di sotto delle aspettative: le capacità evocate del lungometraggio precedente lasciano infatti il posto a un confuso e pretestuoso intreccio che ruota intorno alle diverse declinazioni, tanto visive quanto simboliche, del labirinto, con un misterioso e inquietante coniglio di nome Bunny a fare da Minotauro della situazione. La carne al fuoco è tantissima e la pretenziosità forzata oltre l’inverosimile, tra rompicapi che incrociano doppiezza e ambiguità, il thriller e il fumetto, il noir e il pulp, David Lynch e Donnie Darko (2001), Raymond Chandler e Alice nel paese delle meraviglie, le torture della saga cinematografica di Saw e Sin City (2005). Un guazzabuglio indigesto il cui caos non è però mai legittimato a un livello né narrativo né estetico, con un labile e pasticciato meccanismo di fondo a fare da collante tra un gioco di specchi e l’altro. Il risultato finale è un’allucinazione indotta che si limita a investire lo spettatore di un groviglio infernale – in tutti i sensi – di suggestioni masturbatorie e involute, con un apparato visivo e grafico che, seppur di discreto livello e a riprova della buon mano registica e dell’ambizione di Carrisi, capitombola fin dalle prime battute. Prova un po’ troppo sopra le righe per Servillo nei panni di un detective sfatto e in disarmo, dall’aspetto sdrucito, sudaticcio e dalle occhiaie pesantissime, fumatore forsennato e schiavo di demoni sulla carta estremamente affascinanti ma a conti fatti un po’ troppo abbozzati nella loro impalpabile dannazione senza ritorno, mentre Dustin Hoffman, che condivide la scena con l’attore campano in una sola occasione, è una maschera d’impenetrabile impassibilità che avrebbe meritato meno stasi e più dinamismo all’interno del racconto. La pur brava Valentina Bellè, dal canto suo, viaggia eccessivamente sopra le righe. Nel cast anche Vinicio Marchioni.