Ma Rainey's Black Bottom
Ma Rainey's Black Bottom
2020
Netflix
Paese
Usa
Genere
Biografico
Durata
93 min.
Formato
Colore
Regista
George C. Wolfe
Attori
Viola Davis
Chadwick Boseman
Glynn Turman
Colman Domingo
Michael Potts
Chicago, 1927: gli animi si scaldano in uno studio musicale quando l'impavida e agguerrita cantante blues Ma Rainey (Viola Davis) raggiunge la band per una sessione di registrazione.
Adattamento teatrale dell’omonima opera di Augustin Wilson del 1984, Ma Rainey’s Black Bottom è un film che racconta la “mamma del blues” seguendo una chiave decisamente anticonvenzionale e interessante: proprio come fossimo su un palcoscenico, il film è ambientato quasi interamente in un paio di stanze all’interno dello studio di registrazione ed è un’opera che gioca quasi del tutto sulla parola. Ed è un bene, perché il copione riesce tra le pieghe di ragionamenti attorno alla composizione musicale, a parlare di differenze di genere, razzismo e altri importanti spunti sociologici dell’America di ieri e di oggi. Ed è anche un bene perché il regista George C. Wolfe – che in passato ha diretto lungometraggi a dir poco scadenti, come Qualcosa di buono – si dimostra comunque mediocre nella gestione artistica del film (la fotografia è troppo laccata e artificiosa), ma ha la fortuna di avere una sceneggiatura solidissima e un gruppo di attori in stato di grazia. Viola Davis è intensa e dolente in maniera magnifica, ma Chadwick Boseman le tiene testa con il ruolo forse più potente della sua carriera: purtroppo è stata anche la sua ultima apparizione, tanto che il film è arrivato direttamente su Netflix alcuni mesi dopo la sua morte prematura.
Adattamento teatrale dell’omonima opera di Augustin Wilson del 1984, Ma Rainey’s Black Bottom è un film che racconta la “mamma del blues” seguendo una chiave decisamente anticonvenzionale e interessante: proprio come fossimo su un palcoscenico, il film è ambientato quasi interamente in un paio di stanze all’interno dello studio di registrazione ed è un’opera che gioca quasi del tutto sulla parola. Ed è un bene, perché il copione riesce tra le pieghe di ragionamenti attorno alla composizione musicale, a parlare di differenze di genere, razzismo e altri importanti spunti sociologici dell’America di ieri e di oggi. Ed è anche un bene perché il regista George C. Wolfe – che in passato ha diretto lungometraggi a dir poco scadenti, come Qualcosa di buono – si dimostra comunque mediocre nella gestione artistica del film (la fotografia è troppo laccata e artificiosa), ma ha la fortuna di avere una sceneggiatura solidissima e un gruppo di attori in stato di grazia. Viola Davis è intensa e dolente in maniera magnifica, ma Chadwick Boseman le tiene testa con il ruolo forse più potente della sua carriera: purtroppo è stata anche la sua ultima apparizione, tanto che il film è arrivato direttamente su Netflix alcuni mesi dopo la sua morte prematura.
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