Malati di sesso
2018
Paese
Italia
Genere
Commedia
Durata
90 min.
Formato
Colore
Regista
Claudio Cicconetti
Attori
Francesco Apolloni
Gaia Bermani Amaral
Fabio Troiano
Elettra Capuano
Augusto Zucchi
Giacomo (Francesco Apolloni), seduttore incallito, lavora come autore comico per la tv; Giovanna (Gaia Bermani Amaral), active coach di successo, usa il sesso come affermazione di sé. Tenteranno di aiutarsi a vicenda, con esiti imprevisti. I rispettivi migliori amici, Livio (Fabio Troiano) e Eleonora (Elettra Capuano), non sono da meno: lui è un idiota patentato affetto dal vizio del gioco, lei una stralunata “pet-terapist”. A far loro da cupido, il galletto Diego (in onore di Maradona) e un pappagallo affetto da mutismo, Donald Trump.
Spaziando da Castel Sant’Angelo a Roma al Monte Bianco, passando per Parigi e per una clinica per sessodipendenti a Courmayeur, Malati di sesso è una commedia on the road e apolide e, nell’intenzione degli autori, “romanticomica”, tesa a fotografare con la leggerezza della farsa il rapporto malato e distorto con il sesso da parte della società contemporanea e di tanti giovani uomini e donne. Il risultato è però una commediola sciatta e telefonata, di ascendenza e derivazione televisiva, soffocata del tutto da eccessi striduli e posticci, come quelli sugli psicoanalisti macchiette da fumetto, dalla dittatura di hit onnipresenti e invasive da spot pubblicitario, a servizio di sciatte inquadrature di paesaggi a fare da raccordo tra momenti del film anche molto scollati tra loro. Per non parlare delle gag trite e desolanti riempite ad hoc di peti e flatulenze corporee per strappare la risata a tutti i costi, come in un cinepanettone qualunque. Abbondano ovviamente le allusioni sessuali forti di un immaginario che poggia interamente sul senso comune, come quando si fa ricorso a meccanici irsuti e ruspanti, o su improbabili aperture surreali (l’induismo e il buddismo rivisitati in versione pugliese e pecoreccia). Fabio Troiano rifà malamente Massimo Troisi in più di una sequenza e in ogni caso ci si concede davvero di tutto e di più, tra ironie varie su pennuti, doppi sensi sugli uccelli e l’ovvia, immancabile citazione alla scena cult dell’orgasmo simulato da Meg Ryan in Harry ti presento Sally (1989). A dominare incontrastata c’è però solo l’impotenza da vorrei ma non posso, tra inutili prurigini e moralismi sentimentali di ritorno (che il primo titolo pensato per il prodotto fosse In cerca d’amore non può che dirla lunga). Il regista ha alle spalle il docu-film Concilio Vaticano II, prodotto fortemente voluto direttamente da Papa Ratzinger, mentre la casa di produzione Light Industry è stata coinvolta anche nella co-produzione di Domino di Brian De Palma.
Spaziando da Castel Sant’Angelo a Roma al Monte Bianco, passando per Parigi e per una clinica per sessodipendenti a Courmayeur, Malati di sesso è una commedia on the road e apolide e, nell’intenzione degli autori, “romanticomica”, tesa a fotografare con la leggerezza della farsa il rapporto malato e distorto con il sesso da parte della società contemporanea e di tanti giovani uomini e donne. Il risultato è però una commediola sciatta e telefonata, di ascendenza e derivazione televisiva, soffocata del tutto da eccessi striduli e posticci, come quelli sugli psicoanalisti macchiette da fumetto, dalla dittatura di hit onnipresenti e invasive da spot pubblicitario, a servizio di sciatte inquadrature di paesaggi a fare da raccordo tra momenti del film anche molto scollati tra loro. Per non parlare delle gag trite e desolanti riempite ad hoc di peti e flatulenze corporee per strappare la risata a tutti i costi, come in un cinepanettone qualunque. Abbondano ovviamente le allusioni sessuali forti di un immaginario che poggia interamente sul senso comune, come quando si fa ricorso a meccanici irsuti e ruspanti, o su improbabili aperture surreali (l’induismo e il buddismo rivisitati in versione pugliese e pecoreccia). Fabio Troiano rifà malamente Massimo Troisi in più di una sequenza e in ogni caso ci si concede davvero di tutto e di più, tra ironie varie su pennuti, doppi sensi sugli uccelli e l’ovvia, immancabile citazione alla scena cult dell’orgasmo simulato da Meg Ryan in Harry ti presento Sally (1989). A dominare incontrastata c’è però solo l’impotenza da vorrei ma non posso, tra inutili prurigini e moralismi sentimentali di ritorno (che il primo titolo pensato per il prodotto fosse In cerca d’amore non può che dirla lunga). Il regista ha alle spalle il docu-film Concilio Vaticano II, prodotto fortemente voluto direttamente da Papa Ratzinger, mentre la casa di produzione Light Industry è stata coinvolta anche nella co-produzione di Domino di Brian De Palma.
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