1943. Hermann Braun (Klaus Löwitsch) e Maria (Hanna Schygulla) si sposano in pieno secondo conflitto mondiale. Hermann, però, viene dato per morto, per cui Maria si affida alle cure e all'affetto di un sottoufficiale nero, Bill (George Eagles). Hermann, a sorpresa, ricompare proprio nel bel mezzo di un rapporto sessuale tra Maria e lo stesso Bill: quest'ultimo, però, muore in seguito a una colluttazione, per mano dell'amata. Hermann si addossa allora ogni responsabilità e finisce in carcere, mentre Maria si ripromette di aspettarlo per poter ricostituire il nucleo familiare.
Forse il film più importante in assoluto firmato da Rainer Werner Fassbinder è un magistrale punto d'incontro tra il melodramma hollywoodiano di stampo classico e la parabola metaforico-sentimentale che il regista ha sempre praticato nel corso della sua carriera, declinandola in varie forme. L'esperienza biografica di Maria Braun, un nome estremamente comune in Germania, ha una valenza che, non a caso, è più che simbolica, quasi paradigmatica: nel suo oscillare tra la normale gestione degli affari domestici, il legame con il marito scomparso e la spinta a un domani migliore al fianco di qualcun altro, Maria incarna lo sbandamento di una Germania post-bellica tutta da ricostruire. Tale dimensione allegorica, lontana da ogni intellettualismo pretestuoso, è ciò che fa fare il salto di qualità definitivo a Il matrimonio di Maria Braun, che riesce inoltre a unire la storia provocatoria alla dimensione del romanzo popolare tout court. Un film esplosivo, incandescente, pieno di momenti memorabili, diretto con passione inesauribile e impareggiabile e con la sicurezza sfacciata di un lungometraggio che si potrebbe davvero definire bigger than life. In una parola, direbbero gli appassionati del regista tedesco, fassbinderiano, in tutto e per tutto. Il regista, infatti, non risparmia zampate di puro genio, come il finale, irrisolto e spiazzante, sospeso tra la fatalità e la consapevolezza deliberata di un gesto e di una scelta. Nell'esplosione montata in contemporanea con la vittoria della Germania ai Mondiali di Calcio del 1954, sono contenute tutte le ombre di un'ironia tragica e spietata. Eccezionale Hanna Schygulla, premiata al Festival di Berlino nel ruolo che più di ogni altro contribuì a renderla famosa in tutto il mondo.