Tutti gli abitanti di un paesino di campagna possono contare su Jean-Pierre (François Cluzet), il medico che li ascolta, li cura e li rassicura giorno e notte, sette giorni su sette. Un giorno, però, Jean-Pierre scopre di avere una grave malattia ed è costretto a essere assistito da una collega (Marianne Denicourt). Quest’ultima esercita la professione medica da poco tempo e Jean-Pierre è tutt’altro che convinto a delegare a lei il suo lavoro.
Pellicola francese a metà tra commedia e dramma (si segue la scia di Quasi amici del 2011 molto esplicitamente), Il medico di campagna è il terzo lungometraggio di Thomas Lilti, regista che aveva già parlato di medicina nel precedente Hippocrate (2014). Da giovane, Lilti, aveva praticato la professione medica e si nota con quanta cura e attenzione tratti questo argomento: il protagonista è infatti una sorta di “eroe” che ha sacrificato la sua vita per potere curare i suoi concittadini. Nella prima parte, la rivalità con la nuova leva è trattata col giusto brio e dà vita a un prodotto gradevole, poco rischioso ma efficace; a lungo andare invece la messinscena un po’ scolastica e le svolte narrative prevedibili fanno rimanere il film in una mediocrità dal quale non riesce a divincolarsi. C’è poca retorica e i due attori funzionano, ma manca sempre il grande guizzo e l’originalità del soggetto è tale soltanto nelle prime battute.