Dopo aver appreso che sua zia Matsuko (Miki Nakatani) è stata uccisa, il giovane Shō (Eita) viene incaricato da suo padre di fare pulizia nell'appartamento della donna, diventata negli ultimi anni di vita una barbona evitata da tutti. Per il ragazzo, che non ha mai conosciuto sua zia, sarà l'occasione per ricostruire il puzzle di una vita certo tragica e sfortunata, ma assai meno inutile di quanto gli era stato sbrigativamente riferito. Dopo l'inatteso successo di Kamikaze Girls (2004), Tetsuya Nakashima adatta il romanzo di Muneki Yamada Kiraware Matsuko no isshō e mette nuovamente in scena una storia tutta al femminile, rievocata in forma di flashback e spalmata lungo un intero cinquantennio. Si tratta di una frastornante sarabanda di generi, stili e colori, infiammata da un kitsch gioioso e debordante che si pone in aperto contrasto con la drammatica materia narrata: in questo senso la tragica figura di Matsuko, ostinatamente alla ricerca del vero amore in un mondo dominato da uomini assenti o violenti, si presenta sì come icona ideale della sofferenza femminile, ma è prima di tutto — e qui risiede lo spirito motore del film — l'immagine viva della resistenza e della forza di ricominciare proprie di un intero genere. Disinvolto e intemperante come non mai, Nakashima spinge sul pedale di un'estetica posticcia e artificiosa — dove il pop incontra il vintage e il cartoon si fonde col videoclip — che fagocita la narrazione con gusto sfacciatamente postmoderno e che gli permette di passare con naturalezza dalla commedia demenziale al melodramma strappalacrime, risultando di volta in volta credibile e al riparo dalla frivolezza inconsistente del suo film precedente. Notevole.