Intorno a Léo (Maria Schneider), che ha appena ereditato molti soldi dal padre che parrebbe essere morto, e al suo amico americano Ben (Joe Dallesandro), gravita una multiforme e variegata galleria di personaggi, che produce altrettante, molteplici situazioni. Film strambo e abbastanza interlocutorio per il maestro del cinema transalpino Jacques Rivette, ma permeato di tutte le sue consuete civetterie stilistiche: un'opera senza punti fermi, colma di studiatissime lentezze, che dà l'idea di non avere alcuna terra sotto i piedi ma di volersi abbandonare deliberatamente al flusso registico orchestrato dal suo autore. Un caleidoscopio circolare e interminabile, di comparse e apparizioni, di frammenti dialogici e cocci di racconto interrotti e brevilinei: una vera e propria ronda, come suggerisce il titolo, dove però le inutili forzature formali non ripagano lo spettatore dello sforzo compiuto e ne prostrano vanamente la resistenza. Rivette, inseguendo suggestioni noir e mistery a lui congeniali ma in questo caso abbastanza fuori dal seminato, filma una compiaciuta girandola che eccede in un onanismo al limite del sopportabile. Interessante, in compenso, il sottoutilizzo di una figura attoriale palesemente non eccelsa ma molto iconica come quella di Joe Dallesandro, volto di punta della factory warholiana.