La danese Karen (Meryl Streep) sposa il barone von Blixen (Klaus Maria Brandauer) solo per partire con lui alla volta dell'Africa. Qui inizierà una relazione con un cacciatore di elefanti (Robert Redford). Il nuovo continente ha in serbo per lei grandi amori, ma anche grandi drammi.
Dall'omonimo romanzo autobiografico di Karen Blixen, Pollack dirige una pellicola capace di vincere sette premi Oscar: miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale, miglior fotografia, miglior scenografia, miglior sonoro e miglior colonna sonora. La sceneggiatura di Kurt Luedtke apporta numerosi cambiamenti rispetto al libro che, seppur condensato, dà vita a un lungometraggio dalla durata certamente considerevole. Tuttavia, l'ampio respiro risponde perfettamente all'idea di Pollack di resuscitare in epoca moderna il fascino delle grandi produzioni della Hollywood classica (pur ibridate col cinema contemporaneo). Il punto di vista di Karen restituisce inevitabilmente un continente da cartolina, mentre i colori e le forme rievocano i kolossal di David Lean. Oltre che alla biografia della Blixen, Pollack sembra infatti interessato a dialogare con un'idea di cinema lontana che gli permette di rileggere un nuovo genere (per lui) sotto una luce personale. Ciò non annulla qualche scelta registica che suona un po' troppo costruita e alcune prolissità di troppo, ma a tenere in piedi tutto ci pensano le interpretazioni della Streep e di Redford.