Tre reduci di guerra di gradi ed età differenti (Fredric March, Dana Andrews e Harold Russell) ritornano nella loro cittadina dell'Ohio alla fine della Seconda guerra mondiale. Reinserirsi nella società civile e recuperare l'equilibrio mentale non sarà facile: non mancheranno crisi e abbattimenti, ma riusciranno ad alzare il capo con fierezza e speranza nel futuro. Ispirato a Glory for Me (1945) di MacKinlay Kantor, scritto da Robert E. Sherwood e prodotto da Samuel Goldwyn, I migliori anni della nostra vita rappresenta una delle vette assolute della filmografia di William Wyler, il quale dimostra, ancora una volta, di essere uno degli autori più sensibili del cinema classico hollywoodiano. La pellicola è una toccante parabola in grado di coniugare, con insuperabile forza, sofferenza e speranza, dando vita a momenti strazianti e altrettanto intensi, con un finale duro e dolente: il ritorno a casa delle truppe, che assume qui inevitabili tonalità individuali, trova nella declinazione di Wyler (e nei suoi tre strepitosi e indimenticabili protagonisti) una commovente chiave di lettura. La superba fotografia di Gregg Toland è il fiore all'occhiello di una delle pellicole a stelle e strisce più importanti del periodo. Sette Oscar: film, regia, sceneggiatura non originale, attore protagonista (Fredric March), attore non protagonista (Harold Russell), montaggio (Daniel Mandell) e musiche (Hugo Friedhofer). L'Academy avrebbe assegnato ad Harold Russell, oltre alla statuetta competitiva, un ulteriore premio speciale: in quanto veterano nella vita reale (anche lui, come il suo personaggio Homer, privo di entrambe le mani), l'onorificenza gli venne conferita per «aver riportato speranza e coraggio ai compagni veterani».