Mon Crime - La colpevole sono io
Mon Crime
2023
Paese
Francia
Generi
Giallo, Drammatico
Durata
102 min.
Formato
Colore
Regista
François Ozon
Attori
Nadia Tereszkiewicz
Rebecca Marder
Isabelle Huppert
Fabrice Luchini
Dany Boon
André Dussollier
Nella Parigi degli anni 30, un’attrice (Nadia Tereszkiewicz) e un’avvocata (Rebecca Marder), squattrinate ma di grande ingegno e ottima presenza, raggiungono successo e ricchezza grazie a una falsa accusa di omicidio e a una serie di teatrali arringhe capaci di colpire nel segno.
Mon Crime è il capitolo conclusivo della trilogia ideale, composta da 8 donne e un mistero e Potiche – La bella statuina, nella quale Ozon tratta di misoginia, femminismo e della condizione delle donne in un mondo ancora troppo maschile. Ispirato all’omonima pièce di Georges Berre e Louis Verneuil e, più in generale, ai toni della screwball comedy (con omaggio a Billy Wilder e Danielle Darrieux), la pellicola si sviluppa attraverso due linguaggi ben distinti come quello teatrale e quello cinematografico, da quello più classico al cinema muto. A questa commistione di generi e stili si aggiunge un continuo gioco di scambi tra finzione e realtà: il film si apre con un sipario che si alza sulla “realtà”, recitata però con ritmi, dizione e inquadrature teatrali, nella quale si innestano storie inventate e reinventate. Il climax arriva in un’aula di tribunale, primo vero grande palcoscenico della pellicola, introducendoci a una seconda parte dove il linguaggio cinematografico prende il sopravvento insieme, purtroppo, a una serie di cali di tensione. Se la prima parte infatti procede serrata e vivace, la seconda sfiora la ridondanza nonostante l’entrata in scena di una roboante Isabelle Huppert, il cui personaggio rimane macchiettistico nonostante la bravura dell’attrice. Questa complessità formale, che Ozon gestice con rara maestria e polso fermo, mette però in secondo piano il tema principale del film che si disperde in un divertissement cinematografico di qualità, ma a tratti fine a se stesso. La pellicola, che ha aperto la tredicesima edizione del festival Rendez-vous, ci regala anche momenti di grande ilarità grazie al personaggio interpretato da Fabrice Luchini, uno dei giudici più simpaticamente incompetenti del cinema recente.
Mon Crime è il capitolo conclusivo della trilogia ideale, composta da 8 donne e un mistero e Potiche – La bella statuina, nella quale Ozon tratta di misoginia, femminismo e della condizione delle donne in un mondo ancora troppo maschile. Ispirato all’omonima pièce di Georges Berre e Louis Verneuil e, più in generale, ai toni della screwball comedy (con omaggio a Billy Wilder e Danielle Darrieux), la pellicola si sviluppa attraverso due linguaggi ben distinti come quello teatrale e quello cinematografico, da quello più classico al cinema muto. A questa commistione di generi e stili si aggiunge un continuo gioco di scambi tra finzione e realtà: il film si apre con un sipario che si alza sulla “realtà”, recitata però con ritmi, dizione e inquadrature teatrali, nella quale si innestano storie inventate e reinventate. Il climax arriva in un’aula di tribunale, primo vero grande palcoscenico della pellicola, introducendoci a una seconda parte dove il linguaggio cinematografico prende il sopravvento insieme, purtroppo, a una serie di cali di tensione. Se la prima parte infatti procede serrata e vivace, la seconda sfiora la ridondanza nonostante l’entrata in scena di una roboante Isabelle Huppert, il cui personaggio rimane macchiettistico nonostante la bravura dell’attrice. Questa complessità formale, che Ozon gestice con rara maestria e polso fermo, mette però in secondo piano il tema principale del film che si disperde in un divertissement cinematografico di qualità, ma a tratti fine a se stesso. La pellicola, che ha aperto la tredicesima edizione del festival Rendez-vous, ci regala anche momenti di grande ilarità grazie al personaggio interpretato da Fabrice Luchini, uno dei giudici più simpaticamente incompetenti del cinema recente.
Iscriviti
o
Accedi
per commentare