Mona Lisa and the Blood Moon
Mona Lisa and the Blood Moon
2021
Paese
Usa
Generi
Fantasy, Thriller
Durata
106 min.
Formato
Colore
Regista
Ana Lily Amirpour
Attori
Jeon Jong-seo
Kate Hudson
Craig Robinson
Evan Whitten
Ed Skrein
Una ragazza dotata di insoliti e pericolosi poteri, Mona Lisa Lee (Jeon Jong-seo), scappa da un manicomio e tenta di cavarsela da sola a New Orleans. La sua abilità primaria è quella di controllare la mente delle persone e spingerle a fare quello che vuole lei.
Dopo il suo sorprendente esordio A Girl Walks Home Alone at Night (2013) e il più rivedibile e pasticciato The Bad Batch (2016), la cineasta di origini iraniane Ana Lily Amirpour, nata nel Regno Unito e naturalizzata statunitense, si cimenta con una scombiccherata e cruda fiaba al veleno per topi che, dopo i vampiri del primo film, le bande cannibali e i santoni texani dell’opera seconda, torna a fare i conti con un universo narrativo contrassegnato da outcast, freak e reietti di varia natura. L’involuzione nell’arco di soli tre film è però sempre più evidente e lo spirito pop, intriso di spruzzate pulp e ironia nera, è stavolta estremamente stiracchiato oltre che reiterato con fastidiosa e controproducente supponenza, tanto che nemmeno sui singolari poteri della protagonista viene concessa né una spiegazione né tantomeno una collocazione narrativa. L’uso delle musiche, che in questo caso spaziano dalla techno italiana all’heavy metal per abbracciare un tappeto sonoro complessivo di notevole suggestione notturna, è l’unica nota di merito, insieme al fondale vivido di una New Orleans livida e lunare, di un fantasy fumettistico malamente sui generis, indeciso se percorrere la strada della graphic novel virata al neon o proseguire il discorso sull’alienazione e la deformità già portato avanti in passato da Amirpour. Il frullatore che ne deriva è un ibrido sciatto e fatalmente irrisolto, nel quale le scorie dell’immaginario a stelle e strisce degli anni ’80 e ’90 sono ben evidenti, specie nelle strizzate d’occhio ai fantasy statunitensi, ma a cui mancano totalmente compattezza e ragion d’essere. Con l’aggravante di una presunta vena punk nell’assenza di demarcazioni a dir poco irritante, tra lampi di rave, strizzatine d’occhio al funky, grandangoli usati in scioltezza e perfino l’utilizzo in soundtrack di Estate di Bruno Martino. Nel cast anche Kate Hudson nel ruolo di una stripper. L’attrice Jean Jong-sei è la protagonista del bellissimo Burning (2018) di Lee Chang-dong. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2021.
Dopo il suo sorprendente esordio A Girl Walks Home Alone at Night (2013) e il più rivedibile e pasticciato The Bad Batch (2016), la cineasta di origini iraniane Ana Lily Amirpour, nata nel Regno Unito e naturalizzata statunitense, si cimenta con una scombiccherata e cruda fiaba al veleno per topi che, dopo i vampiri del primo film, le bande cannibali e i santoni texani dell’opera seconda, torna a fare i conti con un universo narrativo contrassegnato da outcast, freak e reietti di varia natura. L’involuzione nell’arco di soli tre film è però sempre più evidente e lo spirito pop, intriso di spruzzate pulp e ironia nera, è stavolta estremamente stiracchiato oltre che reiterato con fastidiosa e controproducente supponenza, tanto che nemmeno sui singolari poteri della protagonista viene concessa né una spiegazione né tantomeno una collocazione narrativa. L’uso delle musiche, che in questo caso spaziano dalla techno italiana all’heavy metal per abbracciare un tappeto sonoro complessivo di notevole suggestione notturna, è l’unica nota di merito, insieme al fondale vivido di una New Orleans livida e lunare, di un fantasy fumettistico malamente sui generis, indeciso se percorrere la strada della graphic novel virata al neon o proseguire il discorso sull’alienazione e la deformità già portato avanti in passato da Amirpour. Il frullatore che ne deriva è un ibrido sciatto e fatalmente irrisolto, nel quale le scorie dell’immaginario a stelle e strisce degli anni ’80 e ’90 sono ben evidenti, specie nelle strizzate d’occhio ai fantasy statunitensi, ma a cui mancano totalmente compattezza e ragion d’essere. Con l’aggravante di una presunta vena punk nell’assenza di demarcazioni a dir poco irritante, tra lampi di rave, strizzatine d’occhio al funky, grandangoli usati in scioltezza e perfino l’utilizzo in soundtrack di Estate di Bruno Martino. Nel cast anche Kate Hudson nel ruolo di una stripper. L’attrice Jean Jong-sei è la protagonista del bellissimo Burning (2018) di Lee Chang-dong. Presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2021.
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