Lee Gates (George Clooney) è un giornalista televisivo sfrontato e sornione che conduce uno show, Money Monster, nel quale elargisce ai proprio telespettatori consigli finanziari su come muoversi in borsa e su quali azioni puntare. Un investitore però, Kyle Budwell (Jack O’Connell), dopo aver perso un ingente somma di denaro, non ci sta e decide di passare all’azione: in cerca di vendetta, irrompe nello studio televisivo e prende in ostaggio Lee nel bel mezzo della diretta…
Dopo il tutt’altro che irresistibile Mr. Beaver (2011), l’attrice e regista Jodie Foster, che nel frattempo si è cimentata anche con la regia di un episodio della serie tv House of Cards e di due puntate di Orange Is the New Black, alza il tiro e torna dietro la macchina da presa con un’operazione molto ambiziosa: Money Monster guarda direttamente, nelle parole della stessa Foster, alla lezione del Sidney Lumet di Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975) e Quinto potere (1976), lavorando in maniera consapevole ed efficace sulla gestione della tensione e su una messa in scena tesa e concitata, quasi tutta ambientata all’interno di uno studio televisivo. Uno spazio d’elezione che diventa ben presto detonatore di scintille, ansia mortifera, colpi di scena a ripetizione, sarcasmo avvincente e trascinante, riflessioni acute sul volto famelico dei grandi gruppi finanziari e delle loro manipolazioni al buio, che, a seguito della grande crisi economica del 2008, è di fatto ormai impossibile nascondere agli occhi di un mondo e di un’opinione pubblica sempre più consapevoli e feriti. La Foster ha buona mano e se la cava con la cassetta degli attrezzi del thriller, gestendo al meglio le diverse inquadrature e prospettive offerte da una sceneggiatura incentrata sul dietro le quinte ma anche sulla moltiplicazione degli schermi e dei punti di vista. Nell’ultima parte, però, il film scende drasticamente di livello, da quando si esce dallo studio televisivo: gli spunti vengono meno e le riflessioni sui media si fanno più superficiali e meno pregnanti. La sensazione, così, è quella di esserci trovati davanti a un film che funziona esattamente a metà. Presentato fuori concorso al 69° Festival di Cannes.