Vita, morte e amori sfortunati del pittore francese Henri de Toulose-Lautrec (José Ferrer), geniale cantore della Belle Époque destinato a una vita infelice segnata dall'alcoolismo e dalla malattia: a causa di un difetto congenito, una frattura delle gambe durante l'infanzia lo condannò a una sorta di nanismo. Dall'omonimo romanzo di Pierre la Mure sceneggiato dallo stesso regista con Anthony Veiller, quest'opera ambiziosa e sfavillante soffre inevitabilmente gli schematismi di ogni biopic hollywoodiano, dall'immancabile percorso di ascesa e caduta alla scelta di approfondire gli aspetti più emozionali della vita dell'artista. Impeccabile, però, la ricostruzione d'epoca: i mezzi non sono poi così illimitati, ma Huston prova a catturare lo spirito bohémien, lo stile kitsch, la sensualità libertina di quell'universo. I momenti più suggestivi non sono i dialoghi, piuttosto convenzionali, ma quelle scene che cercano di restituire il fascino visivo delle opere dell'artista. Pur limitato nei movimenti (non era così semplice all'epoca rendere con effetti visivi la fisicità anomala di Toulose-Lautrec), José Ferrer offre un'intensa interpretazione mimetica e un doppio ruolo: impersona infatti anche il padre del protagonista. In una ipotetica sfida con French Cancan (1954) di Jean Renoir, con cui ha diversi punti di contatto, ne esce sonoramente sconfitto. Splendido Technicolor di Oswald Morris e musiche di Georges Auric.