Voichita (Cosmina Stratan) e Alina (Cristina Flutur) sono cresciute insieme in un orfanotrofio, sono inseparabili ma, una volta raggiunta la maggiore età, saranno costrette a dividersi: Voichita è stata accolta in un monastero locale, mentre Alina è fuggita in Germania per scappare dalla sua famiglia adottiva. Quest'ultima, però, torna in patria per portare con sé l'amica di sempre, ma Voichita si è ormai integrata nella comunità religiosa e non pare decisa a lasciarla. Dopo il collettivo Racconti dell'età dell'oro (2009), Cristian Mungiu torna a lavorare in solitaria e firma un potente dramma al femminile, essenziale nella messinscena e ricco di spunti nella sceneggiatura. È una pellicola su ciò che non viene detto e su ciò che non si può dire, dove l'amore tra le due protagoniste rimane costantemente nascosto, proibito, e forse impossibile da accettare (per le ragazze, in primis) in una società che non lo permetterebbe. Se la base è fortemente religiosa (lo scontro tra Alina e l'universo ambiguo del monastero è uno degli elementi più interessanti), la materia narrata si trasforma presto in una riflessione anche politica, inerente al rapporto tra un individuo e una collettività che lascia poco spazio a chi vuole essere diverso e non seguire i binari prestabiliti. Non a caso, il film prende spunto da uno shoccante fatto di cronaca avvenuto in un convento moldavo, dove una ragazza ha perso la vita in seguito a un esorcismo. Straordinario l'approfondimento psicologico sulle due protagoniste, ben interpretate da due attrici esordienti che si sono meritate la Palma, ex-aequo, per la miglior interpretazione femminile al 65° Festival di Cannes. Sulla Croisette, Oltre le colline ha anche ottenuto il premio per la miglior sceneggiatura, scritta dallo stesso regista.